sabato 6 settembre 2014

Le foto!

A grande richiesta, ho messo un po' di foto su (quasi) tutti i post pubblicati. Cliccate su "2014", qui a destra, per scorrere tutti i post (e i posti!) di quest'anno.

domenica 31 agosto 2014

Le balene

"Che cos'è QUELLO?". Il dito di Chiara è puntato verso il mare aperto, ma l'ho visto anche io. "Quello", è la gigantesca pinna di una megattera, con il suo piccolo balenottero vicino. La vista delle balene ci regala un'emozione indescrivibile, vorrei gridare e saltare dalla gioia e dalla meraviglia. Un gigantesco dorso scuro si inarca fuori dall'acqua, seguito dalla coda a forma di cuore che si mostra per un attimo verticale, prima di inabissarsi. La megattera salta, offrendo alla nostra vista il ventre bianco, poi ricade tra gli spruzzi. E' la stagione della riproduzione per le balene, che intraprendono un lungo viaggio dall'Antardide per venire a partorire i loro piccoli qui, nelle calde acque al largo di Tahiti. Sapevamo che era possibile avvistarle in questa stagione, ma non posso fare a meno di sentirmi miracolata per la potenza di questa visione. E' l'addio che ci regala la Polinesia. Domani le bambine e io prendiamo un aereo per tornare ai nostri ritmi cittadini, Alessio proseguirà verso il reame di Tonga e poi affronterà la traversata per la Nuova Zelanda. Ci rivedremo tra un paio di mesi e rotti. A conti fatti, le bambine e io quest'anno abbiamo fatto oltre mille miglia, più di duemila chilometri a vela. E' stata, come sempre, un'esperienza di grande condivisione, ed è sempre bello constatare che la nostra voglia di essere famiglia è intatta e vitale, che conserva il suo potere di dare un senso a ogni cosa. A voi, cari amici della "Purple Family" dico: grazie di essere venuti un po' in giro con noi, e di esserci. I vostri pensieri mi sono arrivati tante volte, soprattutto nelle mie notti stellate. Anche questo dà un senso a ogni cosa.

domenica 24 agosto 2014

Toau

E' di Toau la palma di più bell'atollo delle Tuamotu. A mio parere, si intende. Toau racchiude tutti i colori degli atolli polinesiani e la selvaggia bellezza di una natura totalmente incontaminata. I suoi ancoraggi più remoti, a nord e a sud, mi hanno regalato delle emozioni indimenticabili. Per giorni il nostro sguardo ha spaziato a 360 gradi per chilometri fatti solo di azzurri e turchesi. Sotto al nostro gommone, in planata su una piscina sconfinata di oltre 2 chilometri quadrati di area, si apriva ai nostri occhi il fondo corallino, nitido come dietro a una lastra di vetro solido e trasparente. Razze, tartarughe, squali ci offrivano una visione fugace e ravvicinata del loro nuoto maestoso ed elegante. Per una settimana, tutta questa sconfinata e solitaria bellezza è stata tutta nostra, e ci siamo sentiti piccoli come granelli di sabbia, e allo stesso tempo padroni. Non padroni DI tutto quel cielo e quel mare, ma padroni IN tutto quel cielo e quel mare. Padroni di noi stessi. Non c'è territorio più vasto.

martedì 19 agosto 2014

No Limits

"Per i dottori ero un pazzo, ma io non volevo rinunciare alla mia vita!". Sono seduta nel pozzetto della barca di Jon e guardo il suo bel viso aprirsi in un sorriso bianchissimo, mentre pronuncia queste parole. Guardo incredula la barca, una normalissima barca di 11 metri, con le solite barriere architettoniche tipiche di ogni barca: una ripida scaletta per scendere sotto coperta, un normalissimo pozzetto con la sua brava ruota del timone, un armo della barca normalissimo per qualsiasi navigatore, solitario o no. Ma Jon non è una persona "normalissima", Jon è un ragazzo eccezionale, con uno spirito indomito. In pozzetto balza all'occhio un solo oggetto insolito per una barca, ed è una sedia a rotelle, piegata e appoggiata al timone. Jon, infatti, ha perduto 10 anni fa l'uso delle gambe in un incidente da paracadute, e tuttavia ora è qui, all'Anse Amyot, dopo aver navigato in solitario dai Caraibi fino alle Tuamotu, sei o settemila miglia nautiche, cioè oltre dodicimila chilometri a vela da solo, con la sola forza delle sue braccia e della sua voglia di farlo. Da qui, andrà fino in Nuova Zelanda, altre migliaia di miglia in solitario, fuori dalla fascia degli Alisei e dove i venti sanno soffiare anche a 65 nodi, cioè più o meno 130 chilometri orari. Di fronte al mio stupore e alla mia ammirazione, Jon si schermisce: "Era il mio sogno prima dell'incidente, perché avrei dovuto rinunciare al mio sogno?". Già, perché? Vorrei rispondergli con le parole di Blaise Pascal: "Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce". Forse è vero che gli unici limiti dei sogni sono quelli che (ci?) mettiamo noi. Buon vento, Jon. E grazie.

giovedì 14 agosto 2014

Anse Amyot

Eccoci a Toau, dopo una giornata di bolina a 25 nodi, su un mare decisamente arrabbiato. La barca, come sempre, tiene bene la bolina, proprio come un fantino esperto sa montare un purosangue nervoso. Siamo arrivati in un ancoraggio che si chiama Anse Amyot, e questo è proprio uno dei posti speciali delle Tuamotu, di quelli che ti ricordi per sempre. Chi di voi volesse avere una visione "aerea" dell'Anse Amyot può cercarla su Google Earth! Si tratta di una "falsa passe" perché, entrando da quella che sembrerebbe una normalissima passe di accesso alla laguna interna dell'atollo, si accede invece a una specie di "cul de sac" chiuso da un lungo reef corallino a pelo d'acqua, oltre il quale le barche non possono passare. Una piccola laguna nella laguna, insomma. Il risultato è una sconfinata piscina naturale che si estende a perdita d'occhio, e che all'occhio regala tutte le sfumature di turchese possibili. A distanza di poche decine di metri uno dall'altro, piccoli giardini corallini a pelo d'acqua offrono riparo a pesci di ogni tipo e dimensione: cernie, pesci napoleone, razze, murene, cavallucci marini e ogni genere di colorato pesce tropicale, senza contare gli onnipresenti squali, tutti si lasciano avvicinare senza mostrare turbamento alcuno, ostentando viva curiosità oppure profondo disinteresse per quegli strani esseri pinneggianti che li guardano con grandi occhi liquidi dietro maschera e boccaglio. A terra, una donnona polinesiana con un marito magrolino magrolino regnano su questo paradiso, insieme agli animali tradizionali con i quali i polinesiani hanno attraversato il Pacifico sulle loro piroghe: porcellini che grufolano allegramente nel duro terreno corallino, galline, galletti e pulcini, e l'immancabile torma di cani gialli il cui passatempo preferito è lanciarsi in acqua cercando di azzannare gli squali che vengono a riva in cerca di avanzi di pesce. Insomma, i cani che inseguono i pescecani!

domenica 10 agosto 2014

I made a dream

Stamattina ho sognato che ero seduta al bar, davanti a me c'era un cappuccino cremoso con una spolverata di cannella, una briosche alla crema e un quotidiano. Niente spiagge deserte, niente mari turchesi ma io ero molto felice lo stesso. Apataki è bellissima, 30 chilometri di spiagge bianca senza soluzione di continuità e senza orma umana. A volte, dopo queste lunghe parentesi di solitudine in luoghi totalmente incontaminati, senza altra compagnia che noi stessi, una parte di me emerge prepotente a ricordarmi che sono un primate con forti esigenze sociali, e allora la voglia di condividere un caffè e due parole con un'amica diventa un desiderio quasi fisico. Ho voglia di andare al cinema, entrare in una libreria, andare a una mostra. Care amiche e amici lontani, oggi vi penso intensamente. Fatevi un cappuccino anche per me!

martedì 5 agosto 2014

La forchetta

"Mamma, non ti preoccupare per la forchetta. Stanotte io e Chiara scriveremo alle nostre fate di ridarcela e domani ce la riporteranno". La "forchetta" è il pezzo del salpancore scivolato in mare ieri, e questa conversazione si è svolta ieri sera. Ho speso un po' di parole per spiegare che, insomma, non proprio tutti i desideri si avverano, e che su questo in particolare non dovevano contarci troppo, e blablabla, ma l'immaginazione delle bambine è senza confini, e la loro fiducia nei poteri delle loro fate madrine è incondizionata. Ebbene, che ci crediate o no, stasera la "forchetta" è tornata a bordo. No, non l'abbiamo trovata nello stomaco di un pesce pescato con la lenza, nè ci è stato restituito in equilibrio sul rostro di un delfino, come nella migliore tradizione delle favole classiche, eppure... si dà il caso che in questo ancoraggio solitario sia arrivata un'altra barca e, coincidenza ancora più fortunata, che su questa barca ci fosse tutto l'occorrente per le immersioni con le bombole. Abbiamo chiesto in prestito una bombola e, tempo cinque minuti, Alessio è tornato trionfalmente in superficie, in una nuvola di bolle, con stretto in mano il pezzo perduto e il braccio teso, modello Statua della Libertà con bombole e maschera: sarebbe stato un bel quadro di Andy Warhol. Poi, tutti a brindare a bordo della Louise (la barca che ci ha aiutati). "Hai visto, mamma, te lo avevamo detto: abbiamo spedito il desiderio con la "posta fatillica", ha detto Anna. Niente male, questa posta fatillica. Potrei prenderci l'abitudine!

lunedì 4 agosto 2014

Barretta magica

Eccoci ad Apataki. Un atollo meraviglioso, le solite spiagge deserte, le solite acque turchesi su cui ormai non vi tedio più. Niente cellulare, niente internet, niente di niente (a parte la connessione satellitare, che non teme nessun deserto, nemmeno quelli marini). In questi luoghi, gli strati di civiltà vengono via uno dopo l'altro, come se fossimo delle cipolle. L'attraversamento della passe di Tiputa è stato molto emozionante, le forti correnti creavano onde frangenti alte due metri, le cosiddette "standing waves", perché non avanzano, frangono sul posto, immobili e verticali. La barca rimontava queste onde ripide una dopo l'altra, ridiscendendo l'altro versante con effetto ottovolante, e all'uscita della passe, con nostra immensa gioia, siamo stati accolti dai delfini con i quali Alessio aveva già fatto conoscenza durante la sua immersione. In tanti anni di vela ho incontrato i delfini diverse volte, ma non avevo mai visto esemplari così grandi: erano lunghi non meno di 4 metri, tursiopi giganteschi che ci hanno accompagnati per un tratto, surfando armoniosamente sulla nostra prua. Siamo arrivati qui dopo un giorno di navigazione, trascorso chi a timonare, chi a leggere e giocare, chi in preda all'indomito maldimare, invocando una fine pietosa alle proprie sofferenze (indovinate chi ha fatto cosa...). Dopo tanti anni, dovrei sapere che lasciarmi andare a invettive contro la nostra permalosissima barca solletica le sue velleità vendicative: infatti, immancabilmente, mentre oggi Alessio smontava il salpancora per un intervento di manutenzione, ooops, uno dei pezzi gli è scivolato in acqua, a 17 metri di profondità. Alessio si è tuffato più volte in apnea per cercare di recuperarlo, arrivando in fondo nonostante la grande profondità, ma il pezzo non era più visibile, mimetizzato sul fondo sabbioso. Le bambine hanno chiesto aiuto alle loro fate preferite e desiderato così ardentemente che Alessio riuscisse nella magia di recuperare il pezzo perduto nelle profondità marine, che per un attimo ho creduto persino io che sarebbe successo. Ahimè, non ha funzionato, e ad Alessio non è rimasta altra alternativa che ricostruire pazientemente il pezzo perduto, bucando e sagomando una barretta di alluminio. Il salpaancora funziona di nuovo. Non bacchetta, ma barretta magica!

sabato 2 agosto 2014

Care, fresche, dolci acque

"Cara" Polinesia, è proprio il caso di dirlo! Avete presente quella sensazione scomoda, in Italia, di uscire da un supermercato con un sacchetto dentro cui ci sono quattro cose in croce, e il portafoglio alleggerito di 50 euro? Beh, in Polinesia la sensazione va moltiplicata per cento. Nessun mistero o barbatrucco, è solo arida matematica, qui tutto costa carissimo perché arriva da molto lontano, e la richiesta è sempre maggiore dell'offerta. Ogni mercoledì, una nave proveniente da Tahiti scarica la sua mercanzia, e tempo un paio di giorni le merci "fresche" sono finite: uova, frutta e verdura scompaiono come neve al sole, e dunque ogni mercoledì pomeriggio che io ho trascorso a Rangiroa mi sono appostata come una faina in un pollaio davanti all'entrata del piccolo negozietto, pronta a lanciarmi su pomodori, insalata e frutta fresca. La merce sparisce in un attimo, manco la regalassero, ma no, non la regalano affatto. Se i generi di prima necessità costano come il fuoco, potete immaginarvi che cosa può costare togliersi uno sfizio, ma forse qualche prezzo vero potrà darvi un'idea più precisa: un barattolo di Nutella di 400 gr costa 6 euro, una confezione di Scottex 6 euro (gasp!), una confezione di cereali Rice Krispies costa 8 euro (doppio gulp!), un sugo pronto 5 euro, 25 bustine di tè 4 euro. "Andiamoci parchi", ho detto alle bambine in occasione dell'ultima cambusa, mentre rifacevo mentalmente l'ennesimo calcolo euro/franchi polinesiani, incredula del risultato che mi restituiva la targhetta del prezzo su una scatola di biscotti, solo apparentemente innocua. "Sìììì, andiamo al parcoooooo!!!!!!" mi hanno risposto entusiaste le bambine, continuando imperterrite a riempire la sporta di merci costosissime...

mercoledì 30 luglio 2014

Flipper: delfino... curioso!

Siamo tornati al villaggio sulla passe di Tiputa, per rifare cambusa e attendere la finestra meteo favorevole per la traversata verso l'atollo di Apataki, nostra prossima destinazione. Ieri Alessio è andato a fare una immersione al tramonto nella passe, con le bombole, e il fato gli ha regalato una delle più grandi emozioni per un subacqueo, e oserei dire per chiunque: ha nuotato insieme ai delfini! Durante l'immersione, a una profondità di circa 15 metri, è arrivato un gruppo di delfini, insieme a due piccoli, che hanno lungamente giocato con Alessio e gli altri, lasciandosi toccare e accarezzare. No, non si tratta del delfinario di Gardaland, ma a quanto pare i delfini erano in vena di effusioni, perché venivano a posare il muso nell'incavo delle mani, oppure si mettevano in verticale a testa in giù per guardare meglio i subacquei, emettendo il loro caratteristico verso "a nacchera". Ieri sera le bambine e io abbiamo ascoltato i racconti di Alessio con stupore e invidia, soprattutto Chiarina, che è una provetta snorkeler, appassionata della vita sottomarina. Chiara ha solennemente manifestato la sua ferma intenzione di tornare qui "quando sarà grande", insieme ad Alessio, per potersi immergere anche lei con i delfini. Aspetto di vedere se, quando Chiara sarà "grande", l'idea di andare ancora in vacanza insieme ai suoi genitori, in uno spazio di pochi metri quadrati, conserverà lo stesso fascino che ha ora, agli occhi dei suoi 6 anni!

giovedì 24 luglio 2014

The sound of silence

Spiagge deserte e sconfinate, tramonti tintorettiani, colori cangianti del cielo e del mare. Tanta magniloquenza della natura dovrebbe essere goduta in un riverente silenzio, come logico contrappeso; ma il silenzio non è tenuto in nessuna considerazione dalle bambine. In ogni istante della nostra giornata di adulti risuonano richiami infantili, melodiosi o imperiosi secondo le circostanze, in una condivisione totale di qualsiasi bisogno corporeo (fame, sete, sonno, cacca). Gli spazi, così immensi, vasti e azzurri intorno a noi, sono scanditi da un chiacchiericcio continuo fatto di domande, pensieri, considerazioni, canzoncine, litigi. Care figlie mie, so già che, quando sarete due adolescenti barricate dietro le cuffiette dei vostri ipod, e cavarvi una risposta più articolata di un monosillabo sarà un'ardua impresa, io rimpiangerò questi momenti di horror vacui sonoro, quando nessun vostro pensiero mi è stato precluso. Eppure, a volte desidero lo stesso, ardentemente, un momento di silenzio, per godere di un tramonto, osservare un uccello volare e ascoltare la mia voce interna, un po' come quando si accosta una conchiglia all'orecchio e si sente il rumore del mare.

sabato 19 luglio 2014

Uova... d'oro!

Abbiamo raggiunto l'estremità est di Rangiroa, ed eccoci in un altro luogo pazzesco. Nelle Tuamotu, in generale, la privacy non è mai un problema (a terra, naturalmente, a bordo è tutta un'altra faccenda!), visto che siamo quasi sempre soli negli ancoraggi, ma qui la "sensazione Adamo-Eva" è particolarmente forte. Senza nessun segnale cellulare, nemmeno una timida tacchetta, saremmo completamente isolati se non fosse per la nostra fida connessione satellitare. Questo posto incarna l'immaginario da cartolina della Polinesia, e la spiaggia bianca e rosa si snoda come un nastro a perdita d'occhio. Si potrebbe camminare per chilometri senza incrociare anima viva. Veramente, più che di anime vive dovrei parlare di esseri umani, visto che il motu è gremito di uccelli che stridono senza sosta la loro disapprovazione alla nostra presenza. Ieri siamo scesi a terra e, mentre passeggiavamo sulla sabbia bianca costeggiando un'area coperta di bassa vegetazione, decine e decine di sterne bianche e nere si sono levate in volo praticamente da sotto i nostri piedi, rivelando ai nostri occhi inorriditi una distesa di nidi a terra. La visione di tutte quelle uova bianche screziate di rosso, temporaneamente abbandonate, e della nuvola (letteralmente!) di uccelli allarmati in volo sopra le nostre teste, ci ha fatti battere in una ritirata precipitosa verso il gommone, per tema di causare involontariamente qualche danno all'ecosistema. Per le bambine, la visione delle uova orfane è stato motivo di grande cruccio: "Mamma, ma poi torneranno a covare le uova? Come faranno le mamme uccello a ritrovare il loro nido, se sono tutti uguali? Mamma, ma da un uovo abbandonato poi non nasce più l'uccellino? Che cosa gli succede?". Alessio, per sdrammatizzare, ha chiosato: "Beh, potrebbe diventare un bell'uovo strapazzato". Le bambine lo hanno incenerito. Ma scherzaaaaaava! Chiara ha concluso, categorica: "Non voglio MAI PIU' mettere piede a terra". Intende, su una spiaggia che appartiene agli uccelli. O almeno, spero!

mercoledì 16 luglio 2014

Ile aux Récifs

Che posto pazzesco! L'Ile aux Récifs non è un'isola, come il nome suggerirebbe, bensì una barriera corallina unica del suo genere. Un reef solitamente è una barriera corallina sommersa, ma questa è una foresta di guglie pietrificate e taglienti che si estende per chilometri. Al di qua di questo dedalo di sculture bizzarre l'acqua crea pozze, piscine, canali e cascatelle ribollenti: in sottofondo, il fragore dell'oceano che si abbatte sul ring esterno, con onde a tunnel gigantesche che farebbero la gioia di qualsiasi surfista: peccato che poi il malcapitato si affetterebbe sulle guglie acuminate di cui sopra... Cari amici geologi, vi saranno fischiate le orecchie perché Alessio e io vi abbiamo invocati, mentre discutevamo senza alcuna competenza dell'origine di questi affioramenti misteriosi: corallini, calcarei, basaltici, mah, chissà. Una breve arrampicatina su questa sorta di Sagrada Familia offre una visione spettacolare e di grande respiro: beh, non uno dei posti migliori dove un povero naufrago, sopravvissuto sul suo canotto autogonfiabile dopo settimane di stenti, si augurerebbe di atterrare. Meglio non scivolare! Una cosa è certa: il paesaggio è lunare, anzi no, quasi quasi direi vulcaniano. Sig. Spock, prego, dopo di lei!

lunedì 14 luglio 2014

The age of Aquarius

Eccoci di nuovo a Lagon Bleu, un anno dopo, ma non si tratta del paradiso nell'atollo di Fakarava, bensì dell'omonimo cromatico di Rangiroa. A quanto pare Lagon Bleu sembra essere il nome più gettonato dai polinesiani per descrivere i luoghi di una bellezza sfolgorante, dove sono visibili tutte le sfumature di blu possibile, da blu scuro al turchese. Nomen omen, insomma. La Lagon Bleu di Rangiroa è proprio una laguna dentro la laguna: una striscia di motu e di barriera corallina forma una sconfinata piscina di acqua azzurra da cui spuntano, nei punti più profondi, singole piccole formazioni coralline dalle forme bizzarre. Nelle acque più basse e calde stazionano stabilmente decine di squali black tip, totalmente innocui e per nulla intimoriti dalla presenza umana, con i quali Chiara, ormai diventata la seconda più esperta snorkelista della famiglia, nuota completamente rilassata. Forse in una vita passata era uno squaletto anche lei. Che fosse un posto di squali, a dire il vero, lo avevamo capito già in fase di ancoraggio, quando una pattuglia di 6 squali adulti ci ha raggiunti e circondati. Quando poi abbiamo calato il gommone per raggiungere la spiaggia, ci hanno ostinatamente seguiti, come il coccodrillo di Capitan Uncino. Questo insolito comportamento ha trovato la sua spiegazione quando abbiamo capito che le escursioni organizzate pasturano gli squali per garantire maggiori emozioni ai loro clienti, e che dunque la pervicacia con cui gli squali ci seguivano non era aggressiva ma speranzosa... Ultima nota di colore, in tanto blu, è costituito dalla simil-Croc verde pisello che Chiara ha pensato bene di smarrire in mare, unicamente perché la sua testa è avvitata sul collo e dunque lei non aveva a disposizione null'altro da abbandonare al suo destino: la novella Cenerentola ha versato, per la sua ciabatta-coccodrillo, le dovute lacrime-coccodrillo, mentre io non ho potuto fare a meno di pensare alla plasticaccia cinese che inquinerà questi luoghi meravigliosi per il prossimo trilione di anni, resistendo placidamente a ogni avverso evento atmosferico. Chiara si è rifiutata di buttare via la ciabatta rimasta: nel suo incrollabile ottimismo verso i colpi del destino, è convinta che prima o poi l'altra ciabatta le verrà restituita dal mare generoso. Principe Azzurro (anzi, Bleu!), noi ti aspettiamo!

giovedì 10 luglio 2014

Eyes wide... open!

Buone notizie! Dopo due giorni di bendaggio occlusivo e innumerevoli gocce e pomate, l'occhio di Alessio sta meglio: ieri e' tornato in possesso della visione binoculare, a quanto pare il corpo estraneo e' stato rimosso con successo dalla brava dottoressa di Rangiroa, il ritorno a Tahiti e' scongiurato e abbiamo finalmente ammainato (metaforicamente parlando!) il Jolly Roger - la bandiera dei pirati! Grandi festeggiamenti a bordo, ottimo umore e grande sollievo. Occhio che vede, cuore non duole!

martedì 8 luglio 2014

Occhio!

Per la miniserie "medici senza frontiere" della Purple Family, che meriterebbe ormai una sezione del blog a parte, segnalo che, dopo i capitoli dedicati alle ustioni, ai morsi dei cani, alle malattie esantematiche, agli ascessi, ai traumi dentali, alle febbri tropicali e alle otiti, quest'anno e' il turno dell'oftalmologia. Alessio infatti ha probabilmente un minuscolo corpo estraneo nell'occhio sinistro, regalo di una delle sue sessioni con il trapano, e cosi' oggi abbiamo aggiunto anche l'infermeria di Rangiroa alla nostra già nutrita collezione di ospedali off shore. La dottoressa ha rimosso il corpuscolo di ruggine dalla cornea, ma non sappiamo ancora se sia riuscita a eliminare tutto oppure se si renderà necessario un trasferimento a Papeete per un esame e un intervento più specialistico. Nel frattempo elaboriamo piani B a tutto spiano - "Tre donne in barca", oppure "Ritorno a Thaiti" sarebbero ottimi titoli per un cinepanettone dei Vanzina - e attendiamo il responso del tempo. Nei prossimi due giorni avremo una "visione" più chiara (e' proprio il caso di dirlo).. Occhio...

lunedì 7 luglio 2014

Rangiroa

Da cinque giorni siamo a Rangiroa. Rangiroa, con i suoi 90 chilometri di lunghezza e i suoi 30 di larghezza, può contenere l'intera isola di Tahiti ed e' l'atollo più grande di tutte le Tuamotu, e il secondo al mondo per grandezza (per sapere quale sia il primo chiedete a Google, io non lo so!). Galvanizzati dal nostro momento Abbagnale di qualche giorno fa, l'altroieri abbiamo voluto sperimentare il momento Bartali e Coppi e ci siamo sparati in bicicletta i 15 chilometri (e altrettanti al ritorno) che separano le due passe dell'atollo, con vedute spettacolari del reef esterno, su cui l'oceano rompe bellicoso in olde alte e spumose, per poi distendersi in larghe piscine trasparenti su un fondo corallino basso e piatto. Inutile dire che l'andata, con le gambe fresche e il vento in poppa, e' stata una passeggiata, mentre nei 15 chilometri di ritorno, col vento in faccia, mi sembrava di pedalare nella melassa, e sono arrivata con un palmo di lingua di fuori, un quarto d'ora dopo Alessio, che nel frattempo aveva tagliato il traguardo fresco come una rosellina rorida di rugiada. A me come sempre è toccata la maglia nera, tra le grida di scherno delle bambine: grazie tante, loro erano sui seggiolini!

giovedì 3 luglio 2014

Le ultime parole famose

Solo tre parole: motore gommone ingrippato. (Vedere post precedente). Grrr. Con il gommone carico di noi quattro e della spesa appena fatta, il motore fuoribordo ha deciso di svenire di colpo e ci ha lasciati in panne a rispettosa distanza dalla barca, costringendoci a remare fantozzianamente e contro corrente verso la barca. Fortunatamente, non c'era vento. Mentre pagaiavo con la consueta imperizia, non mi sfuggiva l'ironia del fatto che, alla faccia di tutto l'equipaggiamento di emergenza che abbiamo in barca incaso di affondamento - epirb, satellitare, zattera autogonfiabile, razioni di emergenza, eccetera - stavamo invece andando alla deriva tutti e quattro su un gommone senza avere a bordo nemmeno una radio vhf o una bottiglia d'acqua. In compenso avevamo tutta un'intera spesa a bordo, burro compreso. Naufraghi si', ma con pane e nutella, prego! (P.s. Alla fine il burro in barca e' arrivato sciolto...).

martedì 1 luglio 2014

Momenti

Una birra fresca in mano, nell'aria ferma e tiepida si spande la voce di Cat Power. E' l'unica voce: Anna legge, Chiara disegna. Nel cielo stellato, una fettina di luna illumina il mare immobile. Si può dire che siamo felici, senza che domani si rompa il dissalatore, o si stracci la randa, o si ingrippi il motore? Io oso, e sia quel che sia!

Planetario

Stanotte, alle 3 del mattino, mi sono svegliata e sono uscita in pozzetto. La volta stellata era riflessa nella laguna totalmente ferma. Nemmeno un'increspatura alterava la sensazione di cielo capovolto sotto di noi. La costellazione dello scorpione si stagliava nitida e bassa sull'orizzonte, fronteggiando uno scorpione speculare altrettanto bellicoso. La barca pareva sospesa nello spazio. Oppure in una grande palla di vetro, piena di lustrini luccicanti. Per favore, non agitatela!

L'isola degli uccelli

Immaginate un isolotto ricoperto di vegetazione, circondato da un reef corallino in cui emerge ogni tanto l'inconfondibile pinna nera di uno squalo black tip. Sull'isolotto diversi ficus centenari, dal grosso tronco liscio e le radici contorte, offrono riparo a migliaia di uccelli: sule, sterne, rondini. Su ogni singolo albero o arbusto dell'isola vi sono decine e decine di nidi, da cui spuntano morbidi pulcini piumosi bianchi o neri, che si lasciano avvicinare senza mostrare paura. Il cielo e' pieno di uccelli in volo, e l'aria vibra di stridi e versi di ogni tipo. Ecco a voi Motu Puarua, riserva ornitologica e luogo di riproduzione di migliaia di uccelli. Niente paura, non siete in un film di Hitchcock, ma guardatevi la testa lo stesso: su Motu Puarua, infatti, mettere il piede su una cacca non e' l'unico modo per assicurarsi una giornata fortunata!

venerdì 27 giugno 2014

In giro per Tikeahu

Rieccomi dopo un blackout comunicativo, da qualche giorno abbiamo un vento da nord a tratti anche sostenuto e siamo stati molto girovaghi, nel tentativo di trovare un buon ancoraggio con un beccheggio tollerabile. Ci siamo rifugiati in un piccola insenatura vicino alla passe, sull'amenità della quale le opinioni dell'equipaggio della Purple Family divergono decisamente. Ad Alessio questo posto piace, forse perché si può finalmente riposare un po' dalle fatiche della navigazione, mentre io, manco a dirlo, friggo per cambiare ancoraggio. Il posto ha una vaga atmosfera da ultimo avamposto alla fine del mondo, perché sulla spiaggia c'e' un agglomerato di costruzioni su cui si deve essere abbattuto in passato qualche uragano, conferendogli un aspetto diroccato e abbandonato: casette di legno sventrate, tetti sfondati, muri cadenti. Un anziano, apparentemente l'unico abitante rimasto di questo villaggetto, si aggira come un fantasma, cordiale e sorridente ma assai vago nelle risposte date in un francese stentato. "Buongiorno, si può pescare senza pericolo di ciguatera, qui?" "Si'" "Nella passe?" "Si'" "Ma meglio pescare con la corrente entrante?" "Si'" "Oppure meglio con quella uscente?" "Si'" "Insomma e' uguale con corrente entrante e uscente?" "Si'". Alessio, tutto contento delle risposte ricevute, si prepara a una battuta di pesca sulla passe. Io, assai meno fiduciosa, sarei tentata di fare qualche controprova a trabocchetto, del tipo: "Come ti chiami?" "Si'". La punta dell'isola, che offrirebbe una spiaggia bianca e bellissima, attorniata da acque turchesi, e' inaccessibile perché guardata a vista da 3 cani, assai rumorosi e molto compresi nel loro ruolo, con i quali non desidero instaurare alcun rapporto di conoscenza, nemmeno superficiale, dati i nostri trascorsi cinofobi. La passe, pero', sembra essere bellissima, e oggi Alessio ha portato le bambine a fare snorkelling approfittando della corrente entrante: si attaccheranno a una cima e si faranno trasportare a traino dal gommone spinto dalla corrente, mentre coralli e pesci di ogni tipo e dimensioni sfileranno sotto la loro pancia a discreta velocità. Un po' come sdraiarsi sulla pancia sopra un tapis roulant trasparente. Panta rei, tutto scorre..

lunedì 23 giugno 2014

Verso Tikeahu

A quasi due settimane dal nostro arrivo a Papeete, sabato abbiamo finalmente lasciato il marina, diretti alle Tuamotu. Il Carrefour e' stato domato, i bucati fatti, le vele armate, il motore rieducato. Ci siamo dunque sparati oltre 24 ore di bolina, 170 miglia nella solita vita da "sbandati", e battesimo della navigazione di quest'anno per le bambine e per me. Mal di mare assicurato per tutto l'equipaggio, contro cui non ha potuto nulla, nemmeno la mia fida chimica farmaceutica. Le bambine sono rimaste spiaggiate a poppa, in stato semicomatoso, per 24 ore filate, mentre io ho alternato invocazioni supplici a strali e invettive contro il mare, il vento e l'intero Oceano Pacifico. La bolina e' l'andatura amata dai velisti "veri", a me invece piace la poppa con un bel venticello a 15 nodi, mare senza onda, sole e una birretta fresca in mano, in attesa che la lenza della canna da pesca dia un bello strattone. Alla fine delle nostre sofferenze, comunque, siamo stati ricompensati dalla vista di Tikeahu, con i suoi "motu" bianche e rosa sotto un sole scintillante. Sulla coperta, stamattina, un pesce volante, tradito da un volo notturno troppo ambizioso, ci fissava con gli occhi sbarrati, ormai senza vita: il suo sguardo attonito pareva interrogarsi sulle probabilità di incrociare il suo destino con il nostro, una notte di giugno, nella vuota immensità dell'Oceano Pacifico...

mercoledì 18 giugno 2014

Sì, forse, domani, partiamo?

Un altro giorno qui a Papeete, la data della partenza per le Tuamotu è stata fissata per il finesettimana, per sfruttare una finestra meteo favorevole ed evitare le traversate in bolina selvaggia dello scorso anno. L'ipotesi di salpare sabato mi pare sempre più fantasiosa: le vele non sono pronte, il radar è defunto, il motore è capriccioso, la cambusa è ancora da completare. Papeete mi sembra ogni giorno di più una di quelle paludi di sabbie mobili che si vedono nei film, dove più ci si dibatte nello sforzo di liberarsi, più si affonda nella mota impietosa. Oggi, sotto una cortina di pioggia, nell'aria grigia e collosa, Alessio è partito in spedizione per la città, in cerca di vari pezzi di ricambio: gli mancava solo un gonnellino di pelle di orso e un arco con faretra. Io mi sento molto donna delle caverne, volontariamente murata in barca, a incoraggiare le bambine a fare pitture rupestri. Sto meditando di farmi assumere dal labirintico Carrefour come addetta alle informazioni, visto che questa figura professionale è totalmente assente in tutti i settori dei vari ettari del supermercato. In compenso, ieri sono tornata alla lavanderia, trovandola sempre fuori servizio. Alla mia domanda su quando sarebbe tornata in servizio, la ragazza alla reception del marina mi ha risposto, come fa sempre, da una settimana a questa parte: "domani". Ho dunque elaborato il seguente infallibile sistema di decodifica verbale per le comunicazioni con i tahitiani: "Sì" vuole dire "forse" "Forse" vuol dire "domani" "Domani" vuole dire "no" "No" vuole dire "no". A domani. Forse!

lunedì 16 giugno 2014

Maeva

Prima di tutto il mio bagaglio alla fine è arrivato, dopo varie peripezie. Le immancabili forme di parmigiano che, anno dopo anno, continuo pervicacemente a portarmi dall'Italia, in omaggio all'italiana convinzione che senza il parmigiano la vita sia indegna di essere vissuta, sono giunte in ottima forma, e dunque anche il mio morale si è rialzato: a volte basta una virata da una bustina di oscuro formaggio grattato del Carrefour, di marca "Fromagio" a un boccone di parmgiano vero per vedere le cose da tutta un'altra prospettiva. A proposito di Papeete, a una settimana dal mio arrivo, ho qualche considerazione da fare. E' trascorso qualche secolo da quando, a metà del 1700, l'arrivo dei primi europei a Thaiti fu accolto da con entusiasmo da centinaia di canoe di abitanti in festa (che, manco a dirlo, avrebbero in seguito velocemente cambiato idea al riguardo, come era successo a tanti altri indigeni prima e dopo di loro, in tutte le parti del globo). In realtà, il primo impatto è amichevole: all'aeroporto, appena scesi dal volo, si è accolti da leggiadre fanciulle che, incoronate di fiori, danzano sinuosamente sulle dolci note dell'ukulele. Lo scontro con la realtà, tuttavia, è subito dietro l'angolo. A Papeete, infatti, la tendenza dei locals francopolinesiani sembra essere quello di scoraggiare ogni iniziativa del velista bisognoso volta a ottenere informazioni o, peste lo colga, aiuto di qualsiasi genere (a pagamento, beninteso). La venuta a bordo di un qualsiasi elettricista o meccanico è un atto di grande magnanimità, come ricompensa di lunghi giorni di paziente e supplice attesa. La riparazione di qualsiasi pezzo deve superare un muro di gomma fatto di "No!", di teste crollate davanti alla prospettiva di compiere lo sforzo mentale massimo di dover ordinare dei ricambi dalla Nuova Zelanda. Per esempio, qualche giorno fa Alessio ha chiesto il nominativo di un buon meccanico al proprietario del negozio di ricambi, il quale gli ha risposto serafico: "sì, ne conosco di bravissimi, ma non voglio darti il nome o il telefono di nessuno di loro, perché poi magari non vengono a vedere il tuo motore, e io non voglio che tu venga a chiedere a me il perché". In una parola: Maeva! (Benvenuto, in polinesiano). Oppure, anche: Ma... e va'......... (a libera interpretazione, in italiano!).

giovedì 12 giugno 2014

Papeete 2014

Cari amici della Purple family, ci eravamo lasciati un anno fa tra i capricci del nostro motore, e ci ritroviamo un anno dopo, tra i capricci del motore. Papeete 2014: sarebbe un buon titolo per delle Olimpiadi un po' speciali, in cui guadagnerei sicuramente il podio in diverse discipline, come i 100 metri in velocità per aeroporti, lancio del fuso (orario) e sollevamento bagagli. A proposito di valigie, per il secondo anno consecutivo il mio bagaglio è andato smarrito, a 3 giorni dal mio arrivo a Papeete non è ancora stato localizzato e lo immagino giacere, docile e ignaro, in qualche punto imprecisato del globo. La vita qui a Papeete, in attesa di salpare per le Tuamotu, segue i binari familiari di quando stazioniamo in un marina: La configurazione tipo prevede Alessio, nero di grasso dalla testa ai piedi, intento a lavorare indefesso a qualche sistema vitale della barca che ha deciso di lasciarci, dopo anni di onorato servizio. Io, nel mio habitus di casalinga disperata, faccio la spola tra la barca e un gigantesco supermercato che mi riduce regolarmente in uno stato di prostrazione, sia per la mia incapacità cronica di fare la spesa con efficienza, sia per le decine di corridoi murati di merci di ogni tipo, tutte però con il medesimo comun denominatore di non essere mai ciò che sto cercando. L'altro mio regno, nei marina, di solito è la lavanderia, luogo uterino e caldo in cui impiego tutte le mie energie per non tingere tutto il bucato di marrone, sebbene una vocina interna da anni continui a ripetermi che tutto sommato sarebbe una liberazione. La lavanderia del Marina Taina di Papeete è così lontana dalla barca che oggi ci sono andata con un carrello del sopracitato supermercato, carico dei miei 10 chili di bucato e di due bambine. Mi sentivo uno di quegli homeless di New York, con tutti i miei averi nel carrello, sporca, scarmigliata e sudata. Dopo una decina buona di minuti di tira e spingi sotto il sole cocente, sono alfin giunta a destinazione, dove ho trovato un laconico cartello su ogni lavatrice: "out of order". Mi sento un po' "out of order" anche io, ma domani, lo so, andrà meglio: ad esempio, forse troverò nel supermercato gigante il barattolo di miele che sto cercando da due giorni senza successo, oppure chissà, magari domani ritroveranno il mio bagaglio. Dentro, ci sono due barattoli di miele!