martedì 29 agosto 2017
Pesca grossa!
Per giorni e giorni non abbiamo pescato nulla, poi Anna ha proposto di cambiare l'esca, e stavolta l'abbiamo imbroccata. Ho una fitta di reale dispiacere ogni volta che strappiamo al mare uno di questi tonni giganteschi, non riesco a non essere trafitta dal senso di colpa, mitigato solo dal fatto che il pesce ce lo mangiamo tutto, fino all'ultimo filetto. Ogni volta che peschiamo una di queste magnifiche creature, penso all'immensità di questo mare e al destino che ha portato lo sfortunato tonno a incrociare proprio la nostra esca, qui e ora, in questo oceano sconfinato dove non incrociamo mai nessun altro, con una probabilità infinitesimale che non riesco nemmeno a quantificare. Gliele leggo negli occhi ogni volta, sempre le stesse due parole: CHE SFIGA!
lunedì 28 agosto 2017
Port Olry
Cari amici della Purple Family, quest'anno chiudo con le foto di Port Olry, che si commentano da sole. Prima di Port Olry siamo andati a Champagne Beach che ha la sabbia più fine e morbida che io abbia mai toccato in vita mia, una cipria candida e impalpabile, che non ci si stanca di lasciar filtrare tra le dita. A Port Olry ci siamo anche fatti un giro nella foresta tropicale, con tanto di guida locale, e vi lascio un paio di foto della serie "Where is Wally?", con alcuni meravigliosi alberi da guardare con attenzione per trovare... i Viola che vi sono contenuti.
Ormai il tempo del ritorno è arrivato, navigazione verso Port Vila di bolina, tempi un po' serrati, ad Ambryn salta la gita di un giorno intero al vulcano perché Alessio si mette a letto con la febbre, grande delusione di Anna che, pur priva delle calzature adatte per fare una gita così impegnativa, aveva già chiarito che non si sarebbe lasciata convincere a rinunciare.
Peccato, la consoliamo promettendole che la porteremo sull'Etna!
domenica 27 agosto 2017
Ratua Island - Bluehole
La nostra gita al Bluehole, a Ratua Island, è una di quelle
giornate di grande soddisfazione che non si dimenticano. Risaliamo col gommone
un largo fiume che si insinua con anse tortuose dentro l’isola, mi sembra di
essere in una di quelle foreste tropicali del centroamerica: vegetazione
lussureggiante che si protende mollemente sull’acqua, mangrovie dalle radici
fittissime, non ci starebbero male delle scimmie a motteggiare dagli alberi ma
nel silenzio risuona solo il canto degli uccelli. Pagaiamo seguendo la corrente
della marea entrante e dopo un paio di chilometri sbuchiamo nel Bluehole. Di
blu inverità non ha nulla, è un grande lago verde, molto suggestivo anche se
non invita al bagno, per tutti tranne che per Chiara che quando ha caldo si
immergerebbe anche in una vasca di piranha.
Al ritorno le bambine si arrampicano sui rami che si
protendono sull’acqua e spiccano tuffi con grandi strilli e risate. Le guardo a
cavalcioni sui rami, piccole amazzoni… in una minuscola Amazzonia!
sabato 26 agosto 2017
Crab Bay
Ancoraggio tranquillo e deserto, dentro una profonda
insenatura, Crab Bay ci regala la grande emozione di fare snorkeling tra le
tartarughe marine. E’ incredibile quanto siano agili e aggraziate queste
creature in acqua: resto sospesa a pelo d’acqua, ascoltando il mio respiro dentro
il boccaglio, mentre una di loro sale curiosa a guardarmi, e poi pinneggia via
elegante e leggera.
Un’altra tartaruga riposa placida sul fondo, Alessio scende
per fotografarla e lei non se ne accorge, schizza via solo quando lui le si
accosta dall’alto, posso quasi vedere il suo fumetto indignato “stavo dormendo,
maleducato!”.
Le ragazze sono felici ed emozionate, io grata per il privilegio di questa esperienza e della magia che regala sempre
il poter vedere una creatura selvaggia nel suo elemento naturale.
Unico rammarico, le fotografie perdute: inspiegabilmente
l’acqua è riuscita a entrare nella Lumix subacquea e le immagini delle
tartarughe sono dunque affidate al solo ricordo: pazienza, va bene anche così. La memoria è uno scrigno durevole, anche senza usb!
giovedì 24 agosto 2017
Ariborda... il gennaker!
Ahimè, tra Port Vila e Port Havannah abbiamo di nuovo
stracciato il gennaker nuovo, quello che avevamo appena fatto riparare. Esploso
dopo una raffica di vento particolarmente maligna. Mi sembra una bestia viva,
mentre lo recuperiamo dall'acqua e cerchiamo di domarlo, per infilarlo
nuovamente nel suo sacco. Cerco di consolare Alessio, abbattuto dall'accanirsi
della sorte su questa vela, ma capisco la sua afflizione: è un po' come
tamponare la macchina nuova uscita dal concessionario al primo semaforo, e poi
doverla spingere da soli fino al primo meccanico!
martedì 8 agosto 2017
Vanuatu - Port Vila
Ci piacciono assai queste Vanuatu, gente rilassata e sorridente, pettinature alla Jimi Hendrix, ampi camicioni colorati e larghi sorrisi bianchi, belle facce insomma.
Port Vila è una cittadina viva e allegra, basta un solo giro nel mercato di frutta e verdura, arioso e colorato, per sentirsi bene e capire che abbiamo cambiato mondo.
Siamo rimasti qui una settimanella, per riprenderci dalle fatiche della traversata, pulire la barca lercia, fare una tonnellata di bucati, mettere una pezza ai danni più o meno gravi riportati e fare di nuovo cambusa.
Persino il doganiere è stato gentilissimo, ha guardato con approvazione le bambine immerse nei loro compiti e poi le ha rese felici sdoganando profusamente con timbri e adesivi ufficialissimi anche i loro diari di bordo.
L'unico intoppo lo abbiamo avuto cercando la bandiera di cortesia delle Vanuatu. Dopo esserci infilati nel mercato di paccottiglie e cineserie varie, abbiamo fatto l'errore di chiederla a una signora seduta a uno dei banchetti, la quale ha detto che certo, ce l'avrebbe procurata, bastava solo attenderla pochi minuti minuti; dopo oltre mezz'ora di attesa, la sciura si è rimaterializzata sventolando trionfante una bandiera che non avrebbe sfigurato, come dimensioni, sul pennone della Casa Bianca. altro che bandierina di cortesia... e ci è costata 40 dollari. Gulp!
Ovviamente pochi minuti dopo abbiamo ritrovato la stessa bandiera in vendita nel negozio vicino alla barca, per 3 dollari.
In compenso Chiara è andata in giro per due giorni ammantata di una bandiera gigante delle Vanuatu a mo' di Superman, tra il divertimento e l'entusiasmo dei locals, deliziati nel vedere tanto patriottismo da parte di un soldo di cacio di 9 anni, per giunta evidentemente straniera.
Stringiamci a coorte, Vanuatu chiamò!
venerdì 4 agosto 2017
La traversata dalle Fiji alle Vanuatu
"AAAAAAHHHHHHHHH". Lo strillo terrorizzato di Chiara e il mio grido escono come un suono solo e prolungato, così simultaneo che farebbe felice il più severo direttore di un coro.
Abbiamo su tutto il fiocco e abbiamo preso solo una mano alla randa, e siamo decisamente sovrainvelati: ahimè, fuori, sotto una pioggia battente, infuria un temporale e ci sono 40 nodi con raffiche a 50, e noi filiamo a 9 nodi.
Il pilota automatico ha appena deciso che non ce la fa tenere in rottala barca e, nel momento esatto in cui entra dopo una straorza entra in stand by e ci abbandona, Alessio si catapulta in coperta così come è, in pantaloncini e maglietta, per raggiungere il timone e cercare di riprendere il controllo della barca, che ormai va per conto suo come un cavallo imbizzarrito.
Mentre la barca si sdraia sul mare per effetto della prima strapoggia e il nostro mondo sottocoperta si rovescia con lei, guardo orripilata i cassetti della cucina che vengono letteralmente sparati fuori uno dopo l'altro come proiettili, lanciando ovunque coltelli, posate e utensili vari. Un pomodoro arriva fino ai miei piedi e col movimento oscillatorio successivo ripercorre a ritroso la stessa strada, velocissimo, come dotato di vita propria. Una bottiglia di vino viene sparata come da un cannone invisibile dalla paratia opposta, per finire a schiantarsi vicino alla mia testa. Incredibilmente e per qualche misteriosa legge fisica non si rompe. La recupero e la tengo stretta al petto quasi fosse un neonato, non certo per affetto ma perché non saprei dove metterla, nel marasma generale, impegnata come sono a puntare i piedi sul bordo del tavolo per mantenere l'equilibrio.
La successiva strambata involontaria sbanda la barca dall'altro lato, questa volta oltre ai cassetti della paratia opposta vola anche il computer che si schianta con un fracasso agghiacciante, mi precipito a recuperarlo scivolando sui paglioli ingombri di ogni cosa, sembra che sia esplosa una bomba.
Ho una paura fottuta per Alessio, non so cosa stia facendo nell'inferno lì fuori, so solo che è uscito in maglietta e senza cintura di sicurezza per legarsi, che è buio, che diluvia, fa freddo, e che il vento soffia a 100 km l'ora, e che la barca lo sbalzasse fuori bordo per lui non ci sarebbe scampo.
Ho paura, ma ho anche una cieca fiducia che lui ci tirerà fuori da questo inferno e così, quando lo vedo scendere, mortalmente pallido e intirizzito fino alle ossa, sull'orlo del collasso, il mio cuore perde un battito.
Che farei se svenisse? Come lo rianimerei in questo casino?
Per fortuna pian piano si riprende, alla fine riesce ad ammainare il fiocco, la randa è ancora tutta su ma pazienza, il vento ha un po' ceduto, il peggio è passato.
Il giorno dopo facciamo la conta dei danni: un candeliere piegato, un meolo strappato, il salvagente inghottito dal mare, ma soprattutto il nostro generatore watermode si è danneggiato in modo grave. Per il resto, lei, la Serva, come sempre si è comportata alla grande, perché lei è un vero purosangue marino.
In conclusione, dopo 500 e rotte miglia di navigazione, ovviamente funestate dal maldimare, eccoci finalmente arrivati alle Vanuatu. Resisto alla tentazione di baciare il suolo, ma aspiro a pieni polmoni il profumo della terra.
Anna chiosa: "Mamma, è stata la paura più grande che ho provato: in confronto la paura dell'interrogazione non è niente!". Eh, già. Diciamo che l'esperienza è un'insegnante un po' diversa: prima ti interroga, e poi ti spiega la lezione!
giovedì 27 luglio 2017
Sawa-I-Lau
Sawa-I-Lau, alle Yasawa Islands, ultima tappa figiana prima del grande salto verso le Vanuatu, da cui ci separano 450 miglia, ovvero 3 o 4 giorni di navigazione in oceano aperto.
Non ho cambiato idea, queste Fiji non valgono il viaggio eterno per raggiungerle dall'Europa e non ne serberò un ricordo struggente: la nostra Sardegna, al netto dell'orda estiva di turisti che ne gode giustamente le bellezze, le Fiji se le mangia semplicemente vive.
Ma Sawa-I-Lau fa eccezione e mi lascia a bocca aperta: una Sagrada Familia di grandi lame calcaree affilatissime emerge da una piscina di acqua turchese e cristallina e conferisce al paesaggio un fascino unico e particolare, sembrano le canne di un grande organo e in verità mentre mi guardo intorno ammirata penso che non ci starebbe male una toccata e fuga in re minore di Bach.
Anche la Natura ha la sue cattedrali.
venerdì 21 luglio 2017
Burp
"Gin tonic?".
Se mi avessero detto che avrei risposto di no a queste due magiche paroline, all'ora dell'aperitivo e nella quiete di uno degli spettacolari tramonti figiani, mi sarei fatta una crassa risata.
Eppure così è, perché sono stata malissimo per colpa di una tossinfezione alimentare che mi ha punito nel più crudele dei modi, ovvero togliendomi ogni voglia di bere (alcolici) e mangiare (qualsiasi cosa).
Che dire, meno male che è capitato solo a me e non alle bambine, ma che botta!
La cosa ha ancor di più il sapor della beffa perché quest'anno, mirabile dictu, è successo qualcosa di misterioso nella biochimica del mio corpo e apparentemente (lo dico a bassa voce), non soffro più il maldimare che mi ha attanagliata in ogni singola traversata nel corso degli ultimi 10 anni. Evidentemente, però, la barca non è barca senza un bel rovesciamento di stomaco, e quindi ecco fatto, e anche quest'anno il pegno è saldato, la coscienza è a posto e posso guardare con fiducia alla prossima traversata, 4 giorni di navigazione no stop verso le Vanuatu, e tra un beccheggio e un rollìo finalmente potrò rimpiangere un po' la tangenziale, che quest'anno non l'ho ancora fatto e non vorrei perderci la mano!
lunedì 17 luglio 2017
giovedì 13 luglio 2017
Navandra
Navandra. E' bella Navandra, ha la bellezza un po’ particolare che hanno tutte queste isole: montagne, promotori, picchi, sì, insomma, cime tempestose. Lunghe spiagge di sabbia bianca e fine, senza palme da cocco, o con pochi stentati esemplari che hanno l’aria di render l’anima al creatore da un momento all’altro. Acque calde, fondali abbastanza profondi. Tuttavia, non riesco a non sentirmi perplessa dinanzi alla scarsità di vita animale di questi posti, soprattutto dopo l’abbondanza delle Tuamotu: ma dove sono le miriadi di uccelli, dove gli squali? E le frotte di onnipresenti pesci intorno alla barca, pronti a contendersi qualsiasi boccone di cibo caduto fuoribordo? Non ci sono nemmeno le zanzare.
Le Fiji mi sembrano molto “vissute” e molto sfruttate, le
montagne sono spesso deforestate, il mare sembra privo dei grandi e medi
predatori, segno inequivocabile della penuria di prede.
Lo so, lo so, non dovrei fare questi paragoni, ma guardare
invece al nucleo di questa particolare esperienza familiare che è rimasto
intatto e si è anzi rafforzato nel tempo. C’è sempre un po’ di ipocrisia in
questo desiderio di evadere dal proprio mondo occidentale per immergersi nella
Natura profonda, desiderando che la presenza umana non sia ancora arrivata a
sfruttarne le risorse e a mutarne il territorio. Tutti gli altri tranne noi, ovviamente.
Ne sono consapevole e anche umilmente vergognosa, ma questo non attutisce la mia
delusione di fronte a queste isole che conservano solo un’eco minore della
verde maestosità vulcanica delle Marchesi e della bellezza sfolgorante delle
Tuamotu, ma che hanno perso quel lato selvaggio e incontaminato che è il loro
fascino principale ai miei occhi.
In cambio, però, ho sempre internet, e sono sempre
“connessa”.
Un vero affare.
giovedì 6 luglio 2017
Monuriki
Eccoci salpati, prima tappa Monuriki. In cima all’alto promontorio di Monuriki, meglio conosciuta come l’isola del film Castaway, dove un Tom Hanks naufrago trascorreva 4 anni in compagnia del solo Wilson, guardo giù verso la nostra barca, piccolissima nel blu, e penso che, quando nel lontano 2001 ho visto quel film, ero molto lontana dall’immaginare che un giorno avrei messo piede anche io proprio su quella stessa isola. Sulla spiaggia bianchissima, di sabbia talmente fine da sembrare talco, campeggia una enorme scritta fatta di noci di cocco: HELP ME. Penso a quante volte mi sono sentita un po’ “castaway” anche io, in questi anni, ma non qui e ora. Il nostro viaggio è iniziato, dentro e fuori di noi. Wilson sarebbe contento.
mercoledì 28 giugno 2017
Vela... ripariamo!

lunedì 26 giugno 2017
Arrivi...
Sono arrivata a Nadi, e la Purple Family è ora felicemente ricongiunta. Il solito viaggio eterno di 30 ore e rotti, stavolta però niente bagaglio perso, anzi le nostre borse sono state le prime a comparire sul nastro trasportatore, ma poteva mai mancare un po' di suspence dal lato bagaglio? Già, perché stavolta mi ha fermata la dogana, prego signora, mi segua, può aprire questa valigia per favore? Va bene doganiera, mi dichiaro colpevole di importazione illegale di olio e parmigiano, la prego in ginocchio, abbia pietà di me e delle mie due creature bambine e me li faccia tenere, il pensiero di privarmi per due mesi di queste basilari italiche consolazioni alimentari mi getta nello sconforto, poi cosa vuole che sia, solo 5 litri di olio e 1 chilo di parmigiano, le giuro che non li toccherò fino a che non avrò lasciato le Fiji, ha la mia parola. Incredibilmente, mi lasciano tenere l'olio di oliva, nessuna pietà invece per il mio parmigiano. La doganiera legge attenta l'etichetta DOC, poi scuote la testa e dice: se fosse stato francese avrei potuto lasciarglielo, ma non è francese, dunque glielo devo confiscare. Un pensiero di scandalizzata ribellione mi attraversa fulmineo: ma CERTO che il parmigiano non è FRANCESE, ma le paiono cose da dire, e poi perché i formaggi francesi sì e quelli italiani no, ancora con questa storia che i formaggi e i vini francesi sono migliori dei nostri, eh no eh! Mi taccio, guardo tristemente il mio parmigiano buttato in un angolo e me ne faccio una ragione.
Arrivata al marina precedo Alessio di un paio d'ore, lui arriva per mare, io per taxi, alla fine è proprio vero che vado ad attenderlo sul molo, mi sembra di essere in uno di quei manga giapponesi di Miazaki. Il tempo di un abbraccio veloce e Alessio deve tornare precipitosamente in barca perché rischia una multa salata se lo beccano a terra prima che abbia espletato tutte le pratiche doganali di ingresso. Resteremo così, io a terra e lui per mare, a salutarci da lontano, per altre 24 ore, separati da una lingua di mare, e da un mare di burocrazia. Romanticamente prosaico.
martedì 20 giugno 2017
Dal diario del Capitano

domenica 18 giugno 2017
Verso le Fiji: la traversata solitaria

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