Navandra. E' bella Navandra, ha la bellezza un po’ particolare che hanno tutte queste isole: montagne, promotori, picchi, sì, insomma, cime tempestose. Lunghe spiagge di sabbia bianca e fine, senza palme da cocco, o con pochi stentati esemplari che hanno l’aria di render l’anima al creatore da un momento all’altro. Acque calde, fondali abbastanza profondi. Tuttavia, non riesco a non sentirmi perplessa dinanzi alla scarsità di vita animale di questi posti, soprattutto dopo l’abbondanza delle Tuamotu: ma dove sono le miriadi di uccelli, dove gli squali? E le frotte di onnipresenti pesci intorno alla barca, pronti a contendersi qualsiasi boccone di cibo caduto fuoribordo? Non ci sono nemmeno le zanzare.
Le Fiji mi sembrano molto “vissute” e molto sfruttate, le
montagne sono spesso deforestate, il mare sembra privo dei grandi e medi
predatori, segno inequivocabile della penuria di prede.
Lo so, lo so, non dovrei fare questi paragoni, ma guardare
invece al nucleo di questa particolare esperienza familiare che è rimasto
intatto e si è anzi rafforzato nel tempo. C’è sempre un po’ di ipocrisia in
questo desiderio di evadere dal proprio mondo occidentale per immergersi nella
Natura profonda, desiderando che la presenza umana non sia ancora arrivata a
sfruttarne le risorse e a mutarne il territorio. Tutti gli altri tranne noi, ovviamente.
Ne sono consapevole e anche umilmente vergognosa, ma questo non attutisce la mia
delusione di fronte a queste isole che conservano solo un’eco minore della
verde maestosità vulcanica delle Marchesi e della bellezza sfolgorante delle
Tuamotu, ma che hanno perso quel lato selvaggio e incontaminato che è il loro
fascino principale ai miei occhi.
In cambio, però, ho sempre internet, e sono sempre
“connessa”.
Un vero affare.
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