
Vento, vento, vento. A metter fuori la testa da sottocoperta, pare di sporgersi dal finestrino di un treno in corsa. Il reef tiene a bada la furia dell'oceano, ma onde maligne, seppur in miniatura, si fanno largo a prepotenza attraverso la barriera corallina e filtrano fino a noi, mangiandosi le spiagge e sostituendo la rena fine e bianca con ammassi gelatinosi di alghe. Stamattina, mentre lavavo in coperta a prua il sederino di Chiara, la furia del vento mi ha strappato di mano la tinozza vuota, che per fortuna, dopo aver rotolato come le valanghe dei cartoni animati, si è fermata a poppa contro la battagliola protetta dalla rete. Giornate come questa andrebbero trascorse a letto senza far nulla, talmente lampante è l'inutilità della lotta all'entropia che le governa. Le giornate comunque in qualche modo si porterebbero a casa se a sostenerle ci fossero delle notti decenti, il fatto è che dormire nella bufera di vento e pioggia non è affatto facile, sembra che ci sia una festa di percussionisti africani al piano di sopra e nella stanza a fianco. Stanotte mi sono aggirata come un fantasma cercando un posto per coricarmi in cui il sonno potesse avere la meglio contro il casino circostante, ben consapevole del conto alla rovescia che mi toglieva ore preziose di sonno prima dell'inesorabile sveglia mattutina all'alba. Adesso sono le 07.00 e la giornata incombe, aiuto!
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