lunedì 1 luglio 2013

La bolina notturna

Oggi l'indicatore dell'energia del morale a bordo è basso, e le ultime due giornate sono da ascrivere nell'apposita sezione del blog intitolata "giornate no, cabin fever e umore tignoso". Due giorni fa abbiamo fatto una bolinata notturna selvaggia, con vento in faccia a oltre venti nodi e onde di tre metri, falchetta perennemente in acqua e barca completamente sbandata: 20 ore conscutive di dura bolina stretta per percorrere le micragnose 100 miglia che ci separavano dall'isola di Tahuata, la quale da parte sua ci ha maternamente accolto con pioggia battente e raffichette di vento a 40 nodi (80 chilometri l'ora), che facevano tremare la barca come se fosse in preda a febbre terzana. Durante la navigazione notturna, uno degli innumerevoli violentissimi beccheggi della barca ha causato la rottura di una bottiglia di vino che si è versato ovunque, rendendo l'atmosfera del quadrato satura di fumi vinosi e simile a quella di una bettola di quarta categoria: l'ideale, per una (a caso) che stia cercando di superare il mal di mare che la attanaglia da ore. La randa ha rimediato uno squarcio di 20 centimetri che andrà pazientemente ricucito prima che possiamo riprendere il mare, mentre la cabina di prua ha una via d'acqua non ancora bene identificata, che causa uno sgocciolamento sui materassi durante le lunghe navigazioni di bolina come quella appena fatta, e rende la cabina completamente inagibile. Questo, il bollettino di guerra. A voler guardare il lato positivo, c'è da dire che l'equipaggio ha tenuto botta: Alessio, come sempre superlativo e totalmente autosufficiente, le bambine e io unite nel nostro motto silenzioso durante le navigazioni difficili, che è "primum, non nocere". Ovvero, cercare di non peggiorare la situazione e soprattutto non disturbare il conducente (o, meglio, non disturbare il manovratore, come è ancora scritto su alcuni vecchi tram a Milano), il che per le bambine vuole dire obbedire senza discutere, non prendersi a calci in pozzetto, non giocare con le scotte, mangiare quel che c'è il più velocemente possibile e senza lamentarsi, imbucarsi in cuccetta al calar del buio e non chiedere ogni 5 minuti "quando arriviamo?". Per la sottoscritta, vuole dire cercare di non vomitare l'anima, non tagliarsi un dito o slogarsi una caviglia, gestire tutte le varie cacche e pipì delle bambine a barca sbandata, e soprattutto evitare di nutrire sentimenti ostili per la barca, che notoriamente è molto permalosa e vendicativa ed è in grado di leggermi nel pensiero. E così, eccoci qua, in attesa dell'arcobaleno, che sono sicura non tarderà ad arrivare. In queste settimane alle Marchesi ne abbiamo ammirati moltissimi, a volte anche doppi, a ricordarci che non piove mai per sempre: gli strappi si ricuciono, i cuscini e i tessuti si lavano, tutto si aggiusta e si riordina. Sei pronta a sorriderci, Tahuata?

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