domenica 4 marzo 2012

Acqua, cuoco, cuochino

Non c'è nulla come la barca in grado di mettere l'essere umano a confronto con i propri limiti. Nel corso di tutti questi anni di vela, ho perso la conta dei miei limiti come persona, come compagna e come genitore. Alcuni sono stati per me una sorpresa, altri una ineluttabile conferma, come ad esempio il mio limite come cuoca. Provengo da generazioni di cuoche sopraffine, eppure non ho ereditato il gene della buona cucina, nonostante abbia avuto un Dolce Forno di ordinanza e un'infanzia regolarmente passata ad assistere in cucina a manufatti culinari di ogni genere: non possiedo l'istinto assassino dell'ingrediente segreto, non padroneggio il "pizzico" di sale, ho il terrore del "quanto basta", l'"a piacere" mi mette ansia. Il mio primo esperimento di pane a bordo, sette lunghi anni orsono, ha avuto come risultato un oggetto adatto per la disciplina olimpica di lancio del peso . Il mio primo pesce sfilettato, al termine dell'operazione, sembrava uscito direttamente dal frullatore, pronto per una tartare. Quando mi metto ai fornelli io, la cucina è un delirio di pentole e piatti sporchi, circa due terzi in più di quanti ne utilizzi Alessio per cucinare la stessa cosa. Poiché la barca è un ambiente particolarmente ostico anche per la cuoca più navigata (mi si passi il gioco di parole!), per anni ho cercato speranzosa una velista gemella di inettitudine, (dopo tutto uno come Moitessier mangiava biscotti per cani!), ma invano: il popolo delle donne veliste giramondo è capace di mettere a tavola dieci persone in mezz'ora di preparazione, chiacchierando amabilmente come se niente fosse, si scambia per radio complicate ricette di sformati ed elaborati dolci al cucchiaio, e come il Cuoco Svedese dei Muppets lancia il pesce in aria mulinando coltelli affilatissimi e il pesce ricade nel piatto in filetti ordinati e perfettamente puliti, pronti per essere messi in forno o passati in padella.
C'è da dire che molte lo fanno di mestiere (intendo saper cucinare bene) perché le loro barche fanno charter, ovvero offrono delle minicrociere a pagamento sulle loro barche a ospiti paganti, tuttavia il mare pullula di casalinghe perfette, per piacere e non per necessità. A volte però dalla conversazione spicciola arriva un piccolo conforto. Ad esempio, ieri siamo stati invitati a cena su una barca e siamo stati immancabilmente serviti di ogni prelibatezza: "ma tu che cosa facevi prima di imbarcarti?" ho chiesto alla marziana  "La cuoca in un ristorante" mi ha risposto lei, con un largo sorriso.
Aaaaaah, beh!

2 commenti:

  1. Sono sopravvissuta ad una madre che non sapeva cucinare...e da poeta dichiarava amabilmente che lei "cuoceva i cibi"....L'ho amata tantissimo lo stesso!!!
    Coraggio, la perfezione oltre che faticosa sarebbe terribilmente noiosa...ci piaci così :-)
    Oggi con il pensiero vi accompagnerò esultante in un bagno nelle acque cristalline...i bambini della biblioteca coopereranno con una mamma allegra!!!
    Abbraccio collettivo

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