domenica 28 febbraio 2010

L'esantema misterioso



E' da un po' di giorni che non scrivo, il nostro peregrinare da un'isola all'altra degli ultimi giorni non me ne ha dato modo, ho un po' di cose da raccontare ma non so bene da dove iniziare.
Inizierò dal tempo, allora. Sì sì, lo so che la mia conversazione assomiglia sempre di più a quella di una anziana signora inglese all'ora del tè, sì sì lo so che nel mondo civile si parla del tempo solo in ascensore durante gli interminabili secondi che servono per arrivare al proprio piano, per evitare l'imbarazzante silenzio tombale col tuo vicino di casa cui non hai nulla da dire da 15 anni, ma per noi naviganti il tempo è un fattore essenziale, di quelli che capaci di rivoluzionarti la giornata in modo copernicano.
Dunque, qui siamo passati da un bel ventazzo a 30 nodi, alla calma piatta (mancava soltanto il vascello fantasma di Gordon Pym all'orizzonte), e oggi, tanto per gradire, abbiamo fatto una traversatina da Cartì a Salar sotto una cortina ininterrotta di pioggia, visibilità zero, la solita bolina, e senza pilota automatico, cosicché Alessio se l'è timonata tutta lui sotto un'acqua che il ciel la mandava, mentre io mi sono ritirata vilmente in barca con la fragile scusa che dovevo badare alle bambine (buonissime per tutto il tempo).
Oggi Vanda è partita, Chiara si è sciolta immediatamente in lacrime, Anna ha messo su un fiero cipiglio e ha resistito stoicamente e poi alla fine ha ceduto anche lei, noi cambiamo marcia e passiamo dunque dal livello basic a quello advanced, ovvero dal rapporto favorevole 3 adulti contro 2 bambine, al 2 contro 2, scontro fra titani, l'anno scorso le bambine hanno stravinto la partita, quest'anno invece ce la giochiamo e Ale e io venderemo cara la pelle, puntiamo al pari e patta.
A complicare un po' la nostra vita (se no che gusto c'è, potremmo persino pensare di essere in vacanza ai Caraibi!) sono intervenuti alcuni fattori, il primo dei quali è il malfunzionamento del nostro piccolo frigo, che non raffredda a sufficienza e che mi fa temere per il futuro dei miei 4 chili di parmigiano e 4 chili di prosciutto. Il pesce, ahimè, non resiste, e dunque dobbiamo mangiarlo, o almeno cuocerlo, il giorno stesso che lo peschiamo e non può essere conservato.
Inoltre, quello che era all'inizio stato da me derubricato come un banale eritema solare sul collo di Chiara, si è esteso nei giorni scorsi agli avambracci, poi alle gambe e adesso al tronco, mutando la mia diagnosi dapprima in un misterioso quanto improbabile esantema di tipo virale, e infine in impetigine. Quest'ultima ipotesi appare attualmente la più plausibile.
Niente di grave e che un po' di Genatlyn Beta non possa curare, ma poiché l'eritema non va d'accordo con sole, mare a sabbia, bisogna ammettere che il contesto non mi è molto d'aiuto, soprattutto quando si tratta di spiegare a una bambina disperata di due anni che lei deve rimanere in barca con la mamma mentre il papà e la sorellona se ne vanno sul gommone in spiaggia.
La quale sorellona, di solito, la saluta malignamente con la manina, e non fa nemmeno lo sforzo di sembrare ipocritamente dispiaciuta.
Vengo anch'io! No tu no.
Vengo anch'io! No tu no.

martedì 23 febbraio 2010

Calme equatoriali


Ehi! Quando dicevo che desideravo meno vento, non intendevo zero vento! Da due giorni non spira un alito, il mare qui a Cayo Hollandes Ovest è una superficie stagnante perfettamente ferma. In barca ci sono un miliardo di gradi, con un'umidità di un trilione per mille, l'umore dell'equipaggio (tranne Vanda, lei è sempre sorridente e positiva) è tignoso.
Nella mia lista dei desideri impossibili, il desiderio di una connessione Internet decente, che da sempre conduce la classifica con diverse lunghezze di vantaggio dal resto, è stata improvvisamente scavalcato, con uno scatto ferino del tutto inaspettato, dal sogno di un congelatore, dal quale estrarre grossi cubotti di ghiaccio da far scivolare tra i seni, sul collo e sulla schiena, manco fossi Kim Basinger in 9 settimane e 1/2.
Al secondo posto, in continuo avvicinamento, corre a velocità costante il desiderio di una gigantesca lavatrice di tipo industriale con carico di almeno 10 chili, in cui buttare l'intero contenuto tessile della barca, che dopo due settimane di aria salmastra e di notti agitate si presenta sinistramente umidiccio e appiccicaticcio, sicuramente colonizzato da organismi unicellulari (beh, speriamo che siano solo unicellulari!).
Al terzo posto, la connessione Internet di cui sopra, come sempre sogno interminabili sessioni di navigazione cibernetica nell'equivalente moderno della biblioteca di Alessandria, ma per adesso qui c'è solo la navigazione classica...
Dunque, vediamo se si riesce a fare un fine tuning delle condizioni metereologiche: MENO vento di 30 nodi, ma PIU' vento di zero nodi. Per il resto, a bordo tutto bene, anche se alla lista delle caratteristiche che una spiaggia non deve avere per Anna, ovvero a) cani b) paguri o granchi adesso si è aggiunta anche c) alghe.
Speriamo che non si aggiungano anche d) stelle marine e) conchiglie e infine f) sabbia, se no siamo fottuti!
A domani, vado a girare la rotellina meteo...

domenica 21 febbraio 2010

A Cayo Hollandes


Ieri ci siamo mossi da Coco Bandero e adesso siamo qui davanti a Barbecue Island e questo ancoraggio, col suo paesaggio di grande respiro sul reef, è sempre bello da vedere, anche se le spiagge sono un po' più lontane da raggiungere col gommone.
Barbecue Island, come il suo nome poco autoctono fa intuire, è un'isola la cui manutenzione è interamente a carico dei turisti, poiché non è abitata da nessuna famiglia Kuna. Un'erbetta verde e un po' spinosa è stata fatta attecchire sull'isola con pazienza e determinazione, quindi l'isola presenta, dal lato sottovento, una specie di pratino inglese che le conferisce un caratteristico aspetto un po' addomesticato. Basta fare però il giro dell'isola e raggiungere il lato sopravento, e la visione dell'oceano che ruggisce sul reef restituisce intatta all'isola la sua natura selvaggia.
Invece che Barbecue Island io la ribattezzerei Crab Island, perché è piena di granchiolini e paguri in conchiglie di varie fogge e dimensioni, e non appena si smette di camminare la sabbia si anima in un brulichìo di chele e zampette.
Anna però ha paura dei granchi, dunque ieri il periplo dell'isoletta è stato fatto con una bambina abbarbicata alla gamba di Alessio, che strillava "Là, papà! Ho paura, papà! Aiuto, papà!". Qualcosa mi dice che domani cambieremo ancoraggio!
A proposito di Anna, qui si registra il mio primo serio tentativo di toglierle il ciuccio, spero solo che non si trasformi nella guerra civile che ci fu lo scorso anno per il pannolino, Anna ha affinato le sue tecniche psicologiche, si comincia alla mattina con un "mamma, non mi sento molto bene, mi sento il malumore, posso ciucciare un po' che mi passa?", poi è il turno di "mamma, sai, per me è molto difficile smettere di ciucciare" per finire con l'asso di briscola "mamma, mi sento triste e ho davvero BISOGNO di ciucciare un po', ne ho BISOGNO!". Chiara è più basic, lei piange e basta, e grida "uaaaahhhhh voglio il mio ciuccioooooooooooo".
A domani!

venerdì 19 febbraio 2010

Vita da spiaggia





Passato il grande spavento, abbiamo riguadagnato la nostra agognata routine caraibica (io non ho bisogno di altre emozioni, voglio una vita noiosa!). Va tutto bene, Anna è guarita, anche se il suo umore è ondivago e la relazione con lei a volte è faticosa, però ce lo aspettavamo perché per lei non è facile rinunciare al carico di attenzioni esclusive che ha avuto nei giorni scorsi per tornare alla normalità.
Il tempo non è dei migliori, tira vento e si balla un po', perché l'ancoraggio di Coco Bandero è più esposto di altri, in questi giorni grigioazzurri mi viene automatico fare un paragone con lo scorso anno, in questo stesso periodo e ancoraggio c'era stata una settimana con vento a 35 nodi, e io ero serrata in barca tutto il giorno in pochi metri quadrati con due bambine di uno e due anni. Da spararsi.
Col senno di poi, e a un anno di distanza, la portata dell'esperienza dell'anno scorso, col suo carico di difficoltà e fatica, mi appare più evidente e riesco a essere più indulgente con me stessa e con il ricordo di quei momenti in cui ero soverchiata dall'alienazione e dalla stanchezza di essere un genitore senza soluzione di continuità.
Quest'anno, in confronto, mi pare tutto incredibilmente più facile, mi chiedo se sia la mia soglia di sopportazione a essere cambiata, se sia io a essere diventata più paziente, o forse più brava a gestire le cose, oppure se le bambine siano semplicemente diventate più grandi, più collaborative, più autonome e più ubbidienti, e concludo che è un insieme di tutte queste cose.
Le bambine sono in grande forma, oggi osservavo i loro giochi in coperta e facevo caso alla coordinazione che hanno sviluppato a furia di correre e camminare su una superficie in continuo movimento, piena percorsi a ostacoli.
Quest'anno hanno ritrovato compagni di giochi vecchi e ne hanno guadagnato di nuovi, attualmente a Coco Bandero ci sono 5 bambini, comprese le mie, di età comprese tra l'anno e mezzo e i 3 anni e mezzo, e vederli giocare tutti insieme autonomamente è sempre una grande soddisfazione per noi genitori, soprattutto per quelli di noi che l'anno scorso dovevano continuamente dirimere le loro contese sui giocattoli (non dico che sono scomparse, ma sono diventate accettabili).
E dunque, loro giocano e noi vecchi parliamo, spesso e volentieri dei pezzi che si sono rotti sulle nostre barche: un bollettino di guerra, queste nostre ragazze ormai cadono a pezzi.
A proposito, dopo il pilota automatico e il segnavento, anche le nostre due pompe di sentina hanno rassegnato le dimissioni dopo onorata carriera, Alessio ha fatto un accrocchio di fortuna che non è destinato a durare, meno male che sono in arrivo Gigi e Carlotta con le pompe di ricambio dall'Italia.
Pare proprio che anche questa volta non coleremo a picco!

mercoledì 17 febbraio 2010

Cinofobia, ovvero la tragedia sfiorata


Soltanto oggi, a 48 ore di distanza da uno dei giorni più terribili della mia vita, riesco a mettere mano sulla tastiera per scrivere di quello che ci è successo.
Anna è stata azzannata da un cane che l'ha morsa ripetutamente sull'avambraccio, sulla coscia, sulla pancia e sull'inguine, prima che Vanda lo tirasse via.
E' stato un attimo, non c'è stato alcun preavviso, il cane non aveva dato nessun segno di squilibrio, nessun atteggiamento minaccioso, nessun ringhio o denti scoperti, niente che lasciasse presagire quello che sarebbe successo.
Anna ha allungato la mano verso una noce di cocco mezza aperta, forse il cane la considerava sua, forse per lui era cibo, fatto sta che qualcosa è scattato e un secondo dopo l'aria era piena delle urla disperate di Anna, e delle mie, mentre mi precipitavo a mani nude verso il cane che azzannava la mia bambina a terra, la testa piena soltanto di NO NO NO.
Soltanto dopo averla portata via, al sicuro tra le mie braccia, e aver visto che la gola e il viso erano intatti, che il sangue che macchiava la mia spalla proveniva dal morso sull'avambraccio e che nessun'altra macchia di sangue si allargava sul costumino rosa di Anna, soltanto allora ho cominciato nuovamente a ragionare, a cercare di riprendere il controllo dei nervi per intonare la nenia tranquillizzante che tutte le mamme conoscono da sempre "non è niente amore, non è niente, è tutto passato, non avere paura, non piangere amore".
Per me, a quel punto è stato il momento dell'azione, e non della disperazione. C'erano tante cose da fare: disinfettare le ferite, decidere se adottare la profilassi antibiotica e quale, se procedere a una medicazione aperta o occlusa, scoprire se la rabbia è endemica in questa zona, se e dove reperire il vaccino e eventualmente quanto tempo avevamo per somministrarlo con efficacia.
Ringrazio di cuore la mia amica Elisabetta per l'efficiente e esaustivo apporto di informazioni che mi ha fornito in tempi velocissimi, tutte confermate anche dal centro medico di Narganà, per dove abbiamo immediatamente diretto la prua e dove siamo arrivati dopo 3 ore di navigazione.
Il vaccino contro la rabbia viene somministrato esclusivamente a seguito di morso diretto di ratto o di pipistrello, la rabbia canina nella zona di Panama non c'è e tanto meno nell'arcipelago di San Blas.
A due giorni di distanza dall'accaduto, la tumefazione sull'avambraccio di Anna è quasi sparita, le ferite dei morsi sono bellissime e non ci sono segni di infezione. Non le resterà alcun segno visibile, per prevenire quelli invisibili stiamo già lavorando per impedire che il terrore provato si rintani a covare dentro di lei per saltar fuori di notte a colorare di nero i suoi sogni.
Quanto a me, lo shock post traumatico non è mancato al suo appuntamento tardivo: dopo il pianto liberatorio tra le braccia di Alessio, chiusi nella nostra cuccetta al termine di una giornata infinita, e dopo la tortura dei se, e dei ma, e degli avrei potuto e avrei dovuto, a 48 ore dall'accaduto non riesco ancora a liberarmi dall'immagine della mia bambina sotto il cane e da quello che sarebbe potuto succedere.
E di notte non dormo più bene, faccio sogni ansiosi dove ladri e assassini penetrano in casa e mi minacciano di morte, oppure perdo aerei, non ho più documenti o soldi, e non so dove sono e nemmeno chi sono, e provo paura e smarrimento.
Spero che i prossimi giorni, qui nel bellissimo ancoraggio di Coco Bandero, dove nel frattempo siamo approdati, mi portino un po' di pace e di serenità.
Un abbraccio ai miei familiari e agli amici e alle amiche che ci vogliono bene, Anna sta bene, non è successo nulla di irreparabile e questa è la cosa importante, e io mi riprenderò come sempre.

domenica 14 febbraio 2010

Arrivati a San Blas



Rieccoci a San Blas, un anno dopo, dopo 3 giorni di navigazione relativamente tranquilla, anche se lunga e a tratti faticosa, complice anche il fatto che si sono rotti (altri!) due strumenti importanti per la navigazione, ovvero l'autopilota e l'indicatore della direzione del vento. Pazienza per l'indicatore della direzione del vento, anche se io al timone ne sento molto la mancanza; e se è vero che in andatura di bolina (come quella dei giorni scorsi) posso farne a meno, è altrettanto vero che nelle andature portanti e soprattutto al lasco o in poppa piena non mi sento affatto tranquilla al timone senza segnavento.
La perdita grave però è quella dell'autopilota, perché di fatto la rottura del pilota automatico toglie virtualmente ad Alessio la sua totale autosufficienza nelle manovre in ogni tempo e condizione, e lo costringe al timone tutto il tempo. In questi giorni di navigazione, quando è stato necessario che io prendessi il timone per permettere ad Ale delle manovre sulle vele o sulla rotta, le bambine sono state molto brave e ubbidienti, restando al loro posto in pozzetto da sole, tuttavia durante le navigazioni molto lunghe restare senza autopilota non è davvero il massimo.
Durante la lunga navigazione di ieri (7 ore) abbiamo pescato un sgombretto per la cena, grande l'eccitazione delle bambine, anche se poi, come sempre, bisogna sempre fare i conti col dispiacere di uccidere questi pesci argentei, tra le domande di Anna: "mamma ma adesso è morto?" "sì Anna" "ma perché è morto?" "perché i pesci fuori dall'acqua non possono vivere" "e allora perché lo abbiamo tirato fuori dall'acqua?". Insomma, in barca si imparano anche i massimi sistema, vita, morte, mancano soltanto i miracoli, ma in realtà, a voler ben vedere, ci sono pure quelli, a volte!

mercoledì 10 febbraio 2010

Partiti!





Tra un'ora si parte. Ci aspettano 4 ore di navigazione di bolina stretta.
Maldimare assicurato, confido solo nella chimica farmaceutica.
Ho chiesto ad Anna se preferisce la supposta di Valontan o il maldimare, ci ha pensato su molto intensamente e poi mi ha detto:"mi sa che preferisco la supposta, mamma".
E così sia.

Poseidon sii clemente!

martedì 9 febbraio 2010

Si parte... forse!



Niente, siamo ancora qui, invischiati al Shelter Bay.
Tutti i tentativi di riparare il nostro alternatore sono andati frustrati, d'altra parte la pessima reputazione dei panamensi come riparatori evidentemente ha fondate basi, visto che l'elettricista non pare sapere affatto quello che sta facendo.
Pazienza, domani si parte, con l'alternatore di rispetto (cioè di riserva), e pace per i giorni persi a vuoto.
La vita nel marina accomuna tutte le veliste nella medesima routine da casalinghe disperate, chi è impegnata a lucidare gli ottoni, chi strofina il ponte, chi si fa due ore di traferta sul pulmino del marina per andare in città a fare la spesa, chi fa montagne di bucati trascorrendo intere giornate nel locale lavanderia.
A proposito di lavanderia, in effetti l'interazione umana generata dall'esistenza di sole 4 lavatrici e 3 asciugatrici per tutto l'intero marina costituisce uno spunto interessante per qualsiasi sociologo.
Il sottile strato di civiltà costruito in anni di regole, buona educazione convivenza civile, e seriamente assottigliato già dopo un paio di settimane di vita in barca, si polverizza definitivamente davanti alla prospettiva di trascorrere l'intera giornata nel locale lavanderia, a 35 gradi centigradi, in attesa che si liberi una lavatrice o un'asciugatrice.
Donne in assetto competitivo si aggirano come faine in un pollaio, guatando le lavatrici con sguardi famelici e attendendo un attimo di distrazione delle altre, un impellente bisogno corporeo, una telefonata o qualche altro insperato colpo del destino per gettarsi sull'elettrodomestico non appena libero.
Nel frattempo gli uomini montano, smontano, martellano, svitano, avvitano, saldano, smadonnano e aggiustano.
Però, almeno, LORO si divertono a farlo!

Scherzo, eh (ma non troppo!).

venerdì 5 febbraio 2010

Istantanee










Eccoci qui, siamo quasi pronti per partire, partenza prevista lunedì, se tutto va bene. L'alternatore è a posto, l'antenna del VHF anche, e quest'anno, dopo che l'anno scorso l'eolico ha visto bene di passare a miglior vita nel bel mezzo delle San Blas, lasciandoci senza altra energia che non fosse quella generata da 6 ore (sic) di motore al giorno, ci siamo dotati anche di due preziosissimi pannelli solari. Era ora!
Stanotte ha piovuto abbondantemente, e sono stata svegliata dai richiami di Chiara: quando sono andata a poppa a controllare, ho trovato Chiara completamente sveglia e seduta sul divanetto vicino al letto.
Mi ha detto "mamma piove sulla mia testa, è tutto bagnato", e dopo questa inequivocabile spiegazione, con orrore mi sono resa conto che non avevo chiuso bene gli oblò della cabina di poppa, e la cuccetta di Chiara era completamente bagnata. Ho trasportato la piccola a prua a dormire con Alessio, all'asciutto (altro che respingimento dei migranti!) e sul materasso umido sono andata a dormirci io.
Ben mi sta, chi è causa del suo mal pianga se stesso!

giovedì 4 febbraio 2010

Sempre a Shelter Bay

Dopo aver ricevuto da Ale la ferale notizia che non partiremo prima di martedì prossimo, sono giunta alla conclusione che al Shelter Bay ci deve essere un enorme campo elettromagnetico che risucchia le barche a tempo indeterminato.
Siamo spiaggiati qui da una settimana, due compatti schieramenti con diverse esigenze, le femmine da una parte e il maschio dall'altra, tutti a darsi fastidio reciproco con i tipici siparietti "Scusa puoi mettere via il tuo seghetto prima che Chiara si tagli via un dito?" "Non ci sarebbe nessun problema se tu invece di stare qui andassi in piscina con loro" "Di nuovo? Ma siamo appena tornate, ci cresceranno le squame".
E vabbè, nel frattempo i lavori di bricolage a bordo fervono, e la cambusa è a buon punto:

450 pannolini
80 litri di latte
4 chili di prosciutto crudo+ 4 chili di parmigliano (portati dall'italia e scampati, per il secondo anno consecutivo, alla confisca della dogana statunitense)
olio extravergine di oliva
150 birre
80 bottiglie di vino
7 vasetti di Nutella
non so quanti chili di pasta, riso e pelati
6 bottiglie di rhum, 1 di vodka, 2 di gin
patatine, snack, olive, noccioline nella volontà di aperitivare, cascasse il mondo
biscotti, cereali
10 chili di farina
zucchero, tè, caffè
carbonella

e ancora non abbiamo finito. La barca è leggermente sbandata, come sempre il peso del serbatoio di acqua pieno, sommato a quello delle vettovaglie, che vengono stivate tutte dallo stesso lato, le conferisce la tipica aria da ubriacona.
Per quanto riguarda i risvegli notturni di Anna, le cose sono decisamente migliorate da quando Alessio ha adottato, molto maroniamente, la tecnica del respingimento dei migranti nel nostro letto.
Stanotte Anna è stata rimbalzata dal nostro al suo letto e, nonostante le sue vibranti proteste, se n'è fatta una ragione. Speriamo in un po' di quiete notturna!

martedì 2 febbraio 2010

Malfunzionamenti

Dunque, tutto procede abbastanza bene e in generale le cose mi sembrano assai più facili rispetto allo scorso anno, le bambine hanno un anno in più e si sente.
Le cose uguali all'anno scorso sono invece:
1) sulla barca si rompe SEMPRE qualche cosa di essenziale per la qualità della vita a bordo.
2) le bambine si svegliano SEMPRE almeno una volta durante la notte.
Per quanto riguarda il punto numero 1), dover dipendere dai panamensi per la riparazione di qualche strumento indispensabile, tipo, per fare un esempio a caso, il nostro frigorifero, è una iattura inenarrabile, dal momento che il concetto di urgenza e quello di rispetto di un appuntamento è incompatibile con la visione panamense dell'esistenza.
Era ormai da venerdì, giorno del nostro arrivo, che eravamo senza frigorifero. I tizi che dovevano venire ad aggiustarlo per la seconda volta, dal momento che la prima costosissima riparazione non aveva dato buoni frutti, non si sono fatti vedere per tutta la giornata di ieri nonostante le ripetute promesse di pronto intervento. Dover vivere senza frigorifero con due bambine di 2 e 3 anni ha un suo romanticismo ottocentesco, la cui poesia, ahimè, mi sfugge, perciò stamattina li ho chiamati furiosa dicendo loro che se non fossero venuti immediatamente, avrei appeso un cartello gigantesco alla bacheca del marina per avvisare gli altri velisti di stare alla larga da loro. Sarà una coincidenza, ma quattro ore dopo il nostro frigo era di nuovo riparato.
Adesso Alessio è alle prese con l'alternatore che non carica le batterie, l'antenna del VHF che non funziona e diverse altre cosucce che risvegliano l'anima faidate di ogni bravo velista (uomo).
Riusciremo prima o poi a scollarci da Shelter Bay per far vela verso le isole?
Per quanto riguarda il punto numero 2), di notte sulla barca si registra una regolare transumanza con scambio di coppie e di letti: posso stare certa che non mi risveglierò mai nel letto in cui mi sono addormentata. Sarà il caldo, sarà il contesto diverso, sarà che di colpo per loro l'inverno è finito, il fatto è che le bambine si svegliano regolarmente e tracimano nei nostri letti, e nel cuore della notte io travaso me stessa o qualche bambina da poppa a prua o viceversa, cercando una soluzione che funzioni e che assicuri un po' di sonno stabile a tutto l'equipaggio, prima che suoni inesorabile e impietosa la sveglia mattutina di Anna, alle 06.45 spaccate: "mamma alzati è mattinaaaaaaaa".
Comunque il morale alto, le bambine ormai acclimatate, se solo la barca si decidesse a collaborare e tenere insieme tutti i suoi pezzi potremmo mettere la prua verso le San Blas.

lunedì 1 febbraio 2010

Partite da Milano (per un pelo!)

Shelter Bay Marina, Colon, inizio 2010, un anno dopo.
Rieccoci a bordo. Siamo arrivate due giorni fa ma le cose da raccontare sono già tante, e non so bene da dove cominciare.
Anzi no, lo so: comincerò con un grazie gigantesco alla mia amica Lorenza, che ci ha salvato il viaggio in extremis, una roba da film americani, quando succede di tutto e poi va tutto a finire bene, ma soltanto all'ultimo secondo.
Per farla breve, è successo che avevo appena imbarcato le valigie dell'intera truppa, quando Anna ha lamentato un forte dolore al braccio.
Ho saputo all'istante che cos'aveva: pronazione dolorosa del gomito.
E dire che ogni madre sa che i bambini non vanno tirati su per i polsi, ma quando Albert l'aveva fatta giocare in quel modo avevo represso il campanello di allarme, dicendomi che ero la solita guastafeste ansiosa.
Avevamo solo un'ora prima dell'imbarco, non c'era il tempo di andare in ospedale, ci siamo fiondate al pronto soccorso di Malpensa dove una giovin dottoressa fresca di laurea e un manipolo di infiermieri hanno crollato la testa: la manovra non la sapevano fare, Anna doveva essere vista da un ortopedico.
Siamo tornate al check in, viaggiare con Anna in quelle condizioni era fuori discussione, ho fatto disimbarcare mesta le valigie, poi ho chiamato Lorenza.
E Lorenza mi ha spiegato che cosa dovevo fare, vincendo la mia riluttanza a tentare.
E io l'ho fatto.
E il braccio di Anna è andato a posto.
Ho un ricordo un po' frastornato di quei momenti, con Anna che gridava felice "mamma non mi fa più male il braccio, guarda come lo piego mamma!" e io che non potevo crederci, aveva funzionato, era stato facilissimo, era tutto così assurdo, dov'era la candid camera?
Mi sono voltata verso la hostess per chiederle, un po' timidamente, se eravamo ancora in tempo per reimbarcare le valigie e partire, la hostess ha fatto una telefonata e ha detto "per un soffio, signora" e ci siamo fiondate verso il gate, tra il vociare delle bambine eccitate e il mio silenzio incredulo.
Il volo è stato eterno, però le bambine si sono comportate bene e dopo 25 ore di viaggio, un po' sfatte, siamo finalmente arrivate alla barca dove ho scoperto che Alessio non aveva avuto il tempo di prepararci i letti e, dulcis in fundo, il frigo aveva smesso di funzionare.
Un bello scherzetto, considerato che Alessio aveva fatto la spesa di roba fresca a Panama e che per latte, carne e yogurt si prospettava una bella notte al calduccio... ma questa è un'altra storia.
A domani!