venerdì 26 marzo 2010

Pollicino




Certo che siamo viziati. Sono ormai lontani tempi in cui il nulla regnava sovrano, qui alle San Blas, e una lattina di mais o di fagioli erano il massimo della verdura cui si poteva aspirare. Adesso, suppergiù una volta alla settimana, una lancia a motore carica di ogni bendidìo parte da Narganà e fa il giro degli ancoraggi a rifornire le barche di frutta, verdura e altri generi di prima e addirittura di seconda necessità. Per dire, volendo si può comprare anche il detersivo per i piatti, o la cocacola. Vabbè, comunque non avevo bisogno di trovarmi in un posto sperduto delle San Blas per avere la riprova che la cocacola arriva dappertutto, non conosce limiti e frontiere, sì non cresce ancora sugli alberi o sulle palme ma sono certa che prima o poi succederà anche questo.
Come dicevo è arrivata la lancia della frutta e della verdura, e noi tutti felici e contenti abbiamo fatto la nostra spesa settimanale, poi abbiamo lasciato tutto in coperta in attesa di essere lavato ed esaminato.
Eh già, perché dopo che nel 2006, prima della traversata transatlantica, a guisa di novella arca di Noè imbarcammo una coppia di scarafaggi nascosti tra la frutta e verdura, con le conseguenze che vi lascio immaginare, siamo diventati scrupolosi al limite del paranoico per quanto riguarda il lavaggio e l'esame di ogni verdura a bordo.
Dunque, con tutto bellamente esposto in coperta siamo tornati di sotto a far colazione, finita la quale ho dato a Chiara tutte le bucce da buttare a mare, cosa che le piace molto.
Orbene, ogni genitore ben sa che un bambino troppo silenzioso è un bambino innocuo solo a patto che dorma, diversamente sta architettando o compiendo qualche danno, di solito irreversibile. Io lo so bene, perché le mie bambine mi hanno, nell'ordine, allagato la casa, affrescato divani e pareti e pelato in un sol colpo tutte le piante di basilico, menta e salvia. Però lo hanno fatto molto silenziosamente!
Ergo, dopo qualche secondo di silenzio sospetto di Chiara, mi sono affacciata in pozzetto giusto in tempo per vedere mia figlia che gettava fuoribordo, con regolarità cronometrica e con movimento elegante dell'avambraccio, tutta la frutta e la verdura appena acquistata, una alla volta.
Una fila variopinta di ortaggi galleggianti si snodava dalla nostra poppa verso il largo, come un lungo nastro colorato.
"NOOOOOOO!" ho ruggito, senza trovare altre parole che articolassero meglio il concetto che volevo trasmettere.
Dopo di che, un osservatore esterno e imparziale avrebbe potuto vedere la differenza di sangue freddo di cui i due generi maschile e femminile presenti a bordo hanno dato prova in questo frangente.
Una donna adulta saltellava gridando "Ale tuffatituffatituffatituffati prendileprendileprendileprendile", un'altra femmina più piccola saltellava gridando "papà galleggiano! Prendileprendileprendile", e un'altra femmina ancora più piccola saltellava gridando "Oh oh! Ho fatto un pasticcio! Oh oh!".
L'unico uomo a bordo, ben lungi dal tuffarsi, ha calato senza fretta il gommone, ha atteso Gigi che aveva visto la scena e arrivava a dare aiuto, e insieme sono andati con calma a recuperare la frutta e la verdura, che la corrente aveva spinto ormai lontano.
Già, il gommone. E chi ci avrebbe mai pensato: vuoi mettere come è più logico tuffarsi vestiti e senza pinne, nuotare affannosamente, rastrellare a nuoto tutta la frutta e la verdura e poi tornare indietro controcorrente, spingendo in qualche maniera tutto quanto?! Era un impulso ben più sensato, no?

lunedì 22 marzo 2010

A Coco Ovest





Niente, non riusciamo a muoverci di qui. Il fatto è che sono arrivati Inma e Roberto, che e insieme a Gigi e Carlotta fanno una compagnia talmente piacevole che nessuno di noi ha voglia di mettersi in viaggio, chi per cercare il gas, chi per fare acqua, chi per rifare la cambusa. I tre "ragazzi" sono andati a pesca insieme, qualche giorno fa, e sono tornati al tramonto, talmente carichi di pesci e con un'aria talmente colpevole, che noi donne non abbiamo nemmeno trovato la forza di arrabbiarci seriamente. Carlotta ha simbolicamente confiscato il fucile a Gigi, Inma, che è basca, ha invece detto a Roberto che gli avrebbe presentato pesce a colazione, pranzo e cena per i successivi cinque giorni. Io non ho avuto molto da aggiungere, se non che prendevo atto che c'erano altri tre bambini con muta e fucile, oltre alle mie figlie di 2 e 3 anni. La conseguenza di tutto questo è che il giorno dopo è stata allestita una grigliata in spiaggia e abbiamo fatto una bella festa, e in effetti poi abbiamo mangiato pesce mane e sera per 3 giorni, e però cucinato in talmente tante fogge e versioni, una più squisita dell'altra, dal carpione alla tartare, dal sevice alla griglia, dal pesce al forno a quello in padella con olive e capperi, che alla fine abbiamo perdonato gli uomini e i fucili sono stati dissequestrati.
Per il resto, non c'è molto di nuovo da riportare. Per il capitolo "disgrazie", riporto dolorosamente che ieri mattina, in seguito a una mia colpevole disattenzione, ho cancellato per sbaglio dalla macchina fotografica tutte le foto dell'ultimo mese. Non tutte in assoluto, ma un bel patrimonio di bellissime istantanee sono state perdute per sempre. Non le avevo ancora trasferite sull'hard disk.
Ho pianto come un vitello.
Le bambine si sono precipitate a consolarmi, per Chiara la questione era semplice, per lei doveva certamente trattarsi di male fisico e dunque aveva un rimedio infallibile "mamma dove ti fa male? Ti do un bacino e ti passa!", Anna invece si è fatta spiegare bene il perché di tanto dispiacere, e poi mi ha detto "mamma non piangere, vedrai che ne facciamo di nuovo un mucchio!".
Ho sorriso tra le lacrime per questa uscita così saggia.
Tra le varie fotografie perse, ci sono anche quelle delle pescate fatte: ma Alessio mi ha detto di non preoccuparmi, lui si sacrificherà e andrà a pescare per prendere altri pescioni, così che io possa rifare le foto perdute.
Che uomo generoso, eh!

giovedì 18 marzo 2010

Alla canna del gas



Niente paura, non siamo noi agli sgoccioli, è proprio la nostra riserva del gas per cucinare che è finita, e dunque tra poco dovremo lasciare il bellissimo ancoraggio di Coco Ovest, dove siamo ormai fermi da una settimana, e far rotta verso Narganà per riempire le bombole ormai vuote.
Non ne abbiamo nessuna voglia, le bambine hanno ormai preso possesso del territorio, e con nostra soddisfazione (ma c'è da dire che Alessio lo aveva previsto sin dall'inizio) hanno dismesso e progressivamente dimenticato tutti i loro ingombranti e chiassosi giocattoli da spiaggia in plastica, e giocano con tutto quello che trovano: conchiglie, bastoncini, foglie di palma, pezzi di corallo, qualsiasi cosa va bene. L'unico svantaggio è che poi pretendono di portare a bordo tutti i loro tesori, e poiché c'è un limite alla quantità di conchigliame vario che può essere stipato in barca, a volte son dolori quando è ora di rimontare sul gommone. Chiara a dire il vero è generalmente poco affezionata alle sue proprietà e la maggior parte delle volte accetta di buttare allegramente in mare le sue cose, e se capita anche quelle di Anna, e allora sì che scatta la tragedia: Anna si ricorda certosinamente dei suoi possedimenti ed è capace disperarsi per un pezzo di conchiglia gettato proditoriamente fuori bordo dalla sorellina e perduto per sempre.
Ieri Alessio e io abbiamo osato montare in spiaggia, per la prima volta quest'anno, le amache, ed è stato un esperimento riuscito. Sdraiata sull'amaca, mi dondolavo mollemente con un piede, e guardavo le mie bambine correre avanti e indietro, giocare assieme, cercare, trovare, costruire in una autonomia totale e industriosa che l'anno scorso sarebbe stata fantascienza, e vederle così libere e felici mi ha fatta sentire in pace con me stessa e con il mondo.
Verso mezzogiorno le bambine hanno dato segni inequivocabili di fame e stanchezza, cominciando a buttarsi la sabbia negli occhi reciprocamente, a spingersi e a litigarsi la stessa conchiglietta bianca, attorniate da decine di conchiglie esattamente uguali a quella, e allora Alessio ed io ci siamo guardati, e senza proferir parola abbiamo ripiegato le nostre amache.
Time out finito, la partita ricomincia.
E' stato breve ma è stato bello, e chi si accontenta gode!

lunedì 15 marzo 2010

Pesci, pesci, pesci



Premetto che sconsiglio la lettura di questo post ai vegetariani.
Agli uomini, si sa, di solito piace lo sport. Non che qui l'attività fisica in generale manchi, ma insomma lo sport proprio lui medesimo è un'altra cosa. Nello specifico delle San Blas, qui lo sport è andare a pesca con il fucile in apnea, ufficialmente per nutrire moglie, figlie e altre bocche affamate, ma noi tutte donne sappiamo che qui le ragioni sono altre e hanno a che fare con degli istinti primordiali che vengono molto da lontano.
Oltre al misterioso (per me!) piacere di ballonzolare sul gommone fino al reef, per restare poi ore in ammollo davanti a un buco dove si è rifugiato un pesce, in attesa di vedere chi si stufa prima di aspettare che l'altro molli la posizione, per Alessio una giornata di pesca rappresenta anche qualche ora di pura evasione, in totale libertà, dalla sua illegittima consorte e dal duplice frutto dei suoi lombi, che vengono abbandonate al loro destino in barca con la puntuale promessa da marinaio: "torno presto".
Un po' come andare a far bagordi al bar con gli amici, in fondo.
Io spingo per una pesca responsabile, ovvero si pesca solo ciò che si mangia, (e si mangia tutto ciò che si pesca), anche e soprattutto perché il nostro frigo non funziona bene e non è in grado di conservare il pesce, che dunque va pulito e cotto il giorno stesso in cui viene pescato, fosse anche un quintale di pesce.
Lo dico subito, a me piacciono i pesci piccoli. Li puoi squamare, eviscerare e sfilettare in barca senza fare un macello, e opportunamente privati di testa e coda stanno in forno o in padella o sul barbecue da barca, nonché nel nostro frigo.
A scanso di equivoci, qui il concetto di "piccolo" non è lo stesso che da noi in Mediterraneo.
Scegliendo come unità di misura la mia Chiaretta di 85 cm, o Anna che è alta un metro suppergiù, diciamo che un pesce piccolo è una mezza Chiara, un pesce grande è una Chiara, un pesce enorme è una Anna e un bestione spaventoso è una Chiara e mezzo.
Orbene, nemmeno nei giorni peggiori ho mai ceduto alla tentazione di mettere le mie figlie in forno, e dunque non lo posso affermare con certezza, comunque a occhio e croce una mezza Chiara nel mio forno ci sta a malapena.
Io ho formulato ormai questo postulato: la grandezza del pesce pescato è direttamente proporzionale all'ampiezza del sorriso del pescatore. Dunque quanto più da lontano intravedo il baluginare dei denti dei ragazzi, di ritorno dalla loro battuta, tanto più il cor mi si spaura per il destino che mi attende.
Sorriso smagliante avvistabile a 50 metri di distanza equivale a un'ora minimo di bassa macelleria.
Smorfia a denti stretti, stasera a cena una bella pasta al pomodoro: la consorte consola comprensiva il pescatore deluso, e per un giorno tira un sospiro di sollievo!

venerdì 12 marzo 2010

Oggi ho visto...



Oggi ho visto un caiucco con tre bambini, al remo di questa canoa scavata in un unico tronco di un albero gigantesco, c'era un bambino Kuna che avrà avuto 6 o 7 anni, remava con grande perizia e conduceva chirurgicamente questo caiucco dieci volte più grande di lui. Poco più in là, sedeva composta un'altra bambina di un paio di anni più piccola, e c'era anche un terzo bambino che avrà avuto due anni, a esagerare. Il bambino di due anni dormiva senza nessuna preoccupazione al mondo, inclusa quella che il caiucco condotto dal fratellino potesse rovesciarsi e lui finir non si sa dove. Beh, per la verità nessuno degli altri pareva preoccupato, nè evidentemente dovevano esserlo i loro genitori, a terra da qualche parte a raccoglier cocchi, o a cucire molas, o forse a pescare, o a dormire sull'amaca.
Il caiucco ha accostato, io mi sono sporta e la bambina, tutta compunta, mi ha porto una piccola borsetta fatta di foglie di palma, intrecciata a mano, di squisita fattura, che conteneva un telefono cellulare. Mi ha spiegato che potevo tenere la borsina, e potevo per caso ricaricare il cellulare?
Eh già, non c'è elettricità alle capanne Kuna.
Ho tenuto la borsina, è un oggetto meraviglioso. Ho messo il cellulare in carica, ho dato loro una caramella (già scartata, nel timore che buttassero la cartina nel mare) e li ho guardati pagaiare via.
Nessuno ha mangiato la caramella, la tenevano stretta in mano senza nemmeno dare una leccatina.
Più tardi, scesi sull'isola, siamo andati alla capanna Kuna. E' fatta di frasche, di foglie di palma e di bambù, il pavimento è in terra battuta, dentro non c'è assolutamente nulla se non qualche amaca sospesa e un focolare a terra, su cui il pesce affumica lentamente su braci di cocchi per essere poi conservato in un cesto. Non c'è altro, i Kuna non possiedono niente di niente. Ci siamo avvicinati, grandi sorrisi dei bambini, la nonna, in un canto, vestita e agghindata con il costume locale, un anello d'oro al naso, un lungo segno nero tradizionale dall'attaccatura dei capelli fino alla punta del lungo naso, parlava.
Parlava al cellulare.
Non so bene quale morale trarre da questa storia, a dire il vero non so nemmeno se vi sia una morale, ognuno tragga la sua, io, mi sa, ci devo ancora rimuginare un po'

giovedì 11 marzo 2010

Che tempo che fa!



Piove, governo ladro. Sì sì, lo so, potrebbe sempre nevicare, ad esempio come in Italia in un giorno di marzo, che per la Mucca Moka, sui libretti di Anna, è il mese della primavera e invece mi dicono che proprio non se ne parla.
E vabbè, qui tutto già visto e già raccontato, quando piove l'umore a bordo è tendente al grigio, le bambine litigano perfino per i loro giochi immaginari ("Chiara facciamo finta che questo è un gelato al cioccolato ed è mio e questo alla fragola è il tuo" "No Annina io voio quello al cioccolato" "No, il tuo è alla fragola, questo è MIO" "Nooooooo non mi piaceeeeeeee" - e giù botte da orbi con una mano, quella libera, perché l'altra mano è occupata a tenere il cono inesistente), io abbaio ordini a destra e a manca, tutti che iniziano con "NON", Alessio si sconforta nel vedere lo stato pietoso in cui versa la barca, tra panni sporchi buttati a caso qua e là, lenzuola accartocciate, animali della fattoria e pastelli da tutte le parti, briciole e resti vari sotto il tavolo.
E fuori, piove.
E io desidero un quotidiano, un cappuccino, lenzuola fresche di lavatrice, mettere le pentole sporche di pesce in lavastoviglie e azionare semplicemente il tasto "lavaggio intensivo", desidero un gelato (quello vero) nel freezer, andare al cinema, desidero lasciare le bambine a mia mamma e andare fuori a cena con Alessio, andare in libreria, tagliarmi i capelli dal parrucchiere, guardare i vetri striati di pioggia e desidero di desiderare di essere in barca i caraibi, dove splende sempre il sole e non ci si annoia mai!

lunedì 8 marzo 2010

Copyright by Claudio



Con il permesso del legittimo autore, ovvero il mitico Claudio della barca Virginia, pubblico questo suo pezzo memorabile, che commenta la nostra vita di genitori a bordo. Ale e io abbiamo riso molto, anche e soprattutto perché è tutto vero, è proprio così, e come sempre la realtà alla fine supera sempre qualsiasi finzione, anche letteraria!

"Cara Federica, i tuoi sì che sono racconti che danno una frustata a tutte le più cruente scene ad alta tensione dei triller più spietati e intrisi del sacro fuoco del nodo in gola, riducendole a ciarpame inutile e senza gusto.
Qui si parla finalmente di cacca, quella vera e non quella finta dei film patinati dove anche la merda profuma.
Qui si sente l'odore rivoltante delle pappette mal digerite, del cocco che non è stato ancora attaccato dai dagli enzimi infantili, del pesce che una volta trasformato diventa una bomba batteriologica, la vera cacca, quella che riempie con la sua calda fragranza ogni dove in una barca e permane per lungo tempo.
Si parla di disastri ecologici di proporzioni immani ove piante esotiche vengono fagocitate da pannolini che vi si attaccano sostituendosi alle verdi foglie e scacciando col loro odore anche le più coriacee citras.
Di lotte con roghi fumosi dove due genitori devono esibirsi in scontri per riuscire a cremare le sostanze più ininfiammabili che la chimica abbia mai prodotto, producendosi a loro volta ferite e lesioni a dir poco drammatiche.
E che dire delle due belve che ancor molto prima del levar del sole già sono in agguato nelle loro cuccette, pronte coi loro lamenti e carpire l'ultimo sonno dei poveri babbo e mamma.
Lui la sta abbracciando lei gli si struscia addosso ed ecco la parola temuta, odiata, ma allo stesso tempo agognata e sognata prima che fosse proferita per la prima volta.
Una parola che ti commuove e ti fa gioire una volta sola, la prima, poi per il resto della vita diventa il campanello d'allarme di qualcosa che non si sa se sia spiacevole o meno.
MAMMA!!!!!
Comincia la battaglia a tutto campo, in cucina, in bagno, sul gommone, sul ponte, il nemico in questa guerra va salvato, accudito, rispettato, educato, in pratica amato più di se stessi.
Una guerra strana dove a perdere sono sempre babbo e mamma.
Le battaglie si svolgono ogni giorno e al calar del sole i nemici, stanchi di vincere, vengono riportati ai giacigli e baciati teneramente, con la speranza che il giorno dopo siano in forma per ricominciare a rompere con la stesa intensità, perchè se non lo fanno allora sono malati e babbo e mamma cadono in depressione.
La scena si conclude a leccarsi reciprocamente le ferite, davanti a due aragoste e un bicchier di vino giacciato mentre le stelle sorridono dall'alto pensando che se gli umani non fossero stati inventati il sorriso non sarebbe mai comparso nell'universo."

venerdì 5 marzo 2010

Non si vive di sola aria




O forse sì, invece, si vive di sola aria, visto il periodo di inappetenza assoluta delle bambine. Per quanto riguarda Anna, non è certo una novità, ma con Chiara non sono abituata e non riesco ancora a farmene una ragione.
Le mie abilità culinarie, è noto, sono assai modeste, anche e soprattutto visti i limiti della nostra cambusa, ma ci deve essere un qualcosa di primordiale nell'irritazione che provo a vedere ogni pasto sistematicamente rimbalzato al mittente dopo poche forchettate o cucchiate.
Cerco di elaborare i motivi per i quali il fallimento di questa specifica cura parentale mi tocchi in questa maniera così prepotente, e razionalmente concludo che la mia ansia è immotivata, guardo le bambine che crescono sane e felici con due maccheroni a testa (di numero!) e un paio di biberon di latte e reprimo la tentazione forte di gettare in mare con gesto furioso e inconsulto tutta la loro cena rifiutata (che Alessio mangia voracemente, se non altro).
Siamo qui a Tiadup, Cayo Hollandes, voglia di navigare zero, umore a bordo ottimo, le bambine giocano insieme moltissimo e ci lasciano qualche finestra tutta per noi, Ale la usa per metter mano alla lunga rista di riparazioni della barca, io mi concedo persino, a volte, il lusso di annoiarmi a morte, anche se non si tratta dello spleen che tanto spesso mi colpiva l'anno scorso, bensì di una noia più discreta e in qualche modo più creativa. Per noi cittadini, l'arte del far niente è una cosa molto difficile da imparare, bisogna esercitarsi, io faccio sì molto esercizio ma non QUEL tipo di esercizio, dunque quando mi ritrovo inaspettatamente un'ora o addirittura due in cui non ho nulla da fare, vengo colta da un fastidioso senso di colpa che soffoco senza pietà.
Gigi e Carlotta sono finalmente arrivati, Alessio già pregusta interminabili pomeriggi di pesca subacquea dietro bestioni enormi che poi dovranno ahimè essere anche eviscerati, desquamati, sfilettati e cucinati, io temo segretamente il cambio del rapporto ormai collaudato 1:1 (2 adulti/2 bambine) in quello assai più sfavorevole di un adulto (cioè io) con due bambine per una parte consistente della giornata. In compenso sono in arrivo delle epiche magnate di pesce, cotto in tutte le fogge e salse possibili e immaginabili, e ce ne caveremo la voglia una volta per tutte, visto che finora, tra guasti e navigazioni varie, di pesce sulla nostra tavola ne è passato ben poco.
Speriamo che le bambine apprezzino, visto che Chiara, ieri, quando esasperata le ho detto "Chiara ti avverto, se non mangi niente della tua cena te ne vai subito a letto!" mi ha risposto entusiasticamente "sì mamma io vado a letto, sono stanca".
Erano le sette di sera!
Chess'ha da fà pe' NON magnà!

mercoledì 3 marzo 2010

No, il timone no!




Rieccomi qui dopo qualche giorno di assenza, non riesco a trovare il tempo di scrivere il diario tutti i giorni, ma del resto è meglio così, questo blog sta diventando una noia mortale, bambine a parte non si parla d'altro che del tempo e delle rotture dei vari pezzi questa barca!
A proposito di rotture (appunto, come volevasi dimostrare!), ieri, durante la manovra di ancoraggio a Cayo Hollandes, abbiamo sentito una vibrazione sinistra sulla ruota del timone, e a tutt'oggi non è stata ancora stilata una diagnosi.
Qualcosa nel meccanismo della pala del timone sembra essersi rotto, o deformato, o andato fuori posizione, o salcielocosa, fatto sta che adesso, alla lista dei malfunzionamenti, si aggiunge anche il timone. Il qual timone, con il suo amico pilota automatico (ormai diventato ex-pilota automatico), fa coppia a scopone contro il frigo che non refrigera e la pompa di sentina che non pompa.
Vinca il migliore, tanto per noi sono tutti sistemi essenziali e si prospetta una stagione di cantiere assai impegnativa per questa ragazza galleggiante.
Vabbè, passiamo al bollettino medico: anche Chiara ha davanti un ciclo di antibiotici contro la sua impetigine, migliorata esponenzialmente dopo l'applicazione della crema antibiotica, ma estesa su troppa superficie del corpo perché io possa limitarmi a somministrarle la sola terapia locale. E così, entrambe le mie figlie si sono fatte un ciclo di antibiotici a testa, la par condicio è salva, peccato che Anna faccia delle scenate ogni volta che Chiara deve prendere lo sciroppo perché ne vorrebbe un cucchiaio anche lei, si inventa dunque un sacco di malattie immaginarie, di pruriti e di esantemi inesistenti nella speranza di poter leccare almeno il cucchiaino. Ai miei tempi, e invero anche a quelli di Pinocchio, le medicine erano amare, oggi invece sanno di caramella o di arancia e le bambine adorano il momento della medicina, chissà se anche questo avrà un peso nel mutamento sociale mondiale in atto!
Tutto bene comunque, la vita a bordo è tranquilla e serena, le bambine si comportano bene e noi siamo molto girovaghi, mai come quest'anno ci siamo mossi da un ancoraggio all'altro navigando come dei tarantolati, questo è anche possibile perché le bambine sono buone e obbedienti durante le navigazioni e mi consentono di avvicendare Alessio al timone alla bisogna, cosa che l'anno scorso era fuori discussione ma che d'altra parte non era necessario, perché appunto eravamo dotati del pilota automatico, che quest'anno non abbiamo. L'ho già detto che il pilota automatico si è rotto, eh?!
Noo, ancora a parlare dei pezzi rotti della barca, ma basta, che noia che barba che barba che noia, per oggi il mio tempo è finito, ma nei prossimi giorni parlerò di cacca, più precisamente di cacca infantile, che questo sì è un argomento interessante!