
Siamo ancorati a Cayo Limon da qualche giorno, di fronte all'isola su cui due anni fa Anna fu aggredita e morsa da un cane sciolto. Ci sono voluti due giorni di navigazione per arrivare fin qui, abbiamo percorso 70 miglia che, a una velocità di circa 6 nodi di media, fanno circa 12 ore complessive di navigazione, spezzate appunto in due giorni. La navigazione è stata tranquilla, il primo giorno avevamo il vento in faccia e abbiamo praticamente smotorato tutto il tempo, il che è non è mai piacevole con il mare mosso, ma il secondo giorno la nostra rotta aveva un angolo diverso rispetto al vento e abbiamo potuto issare le vele, e ci siamo fatti una bella bolinata con mare mosso e onde di due metri a intervalli di circa 8 secondi.
Abbiamo buttato la lenza per la pesca a traina ma, con grande delusione delle bambine e anche nostra, non abbiamo pescato niente.
Le bambine si sono comportate alla grande, hanno giocato in pozzetto tutto il tempo e hanno dormito per lunghi pezzi di navigazione, manifestando qualche insofferenza solo verso la fine della giornata.
Non riesco a capacitarmi di quanto sia diventata facile la nostra vita a bordo, la differenza con due anni fa è gigantesca. Spariti i pannolini, le pappe, le notti di sonno frammentate e le cure parentali continue, la qualità della nostra vita in barca è aumentata esponenzialmente. Ho larghe finestre temporali, un tempo inconcepibili, che posso interamente dedicare a leggere, a pensare e in generale a me stessa. Le bambine sono diventate completamente autonome, giocano moltissimo insieme e la barca è il loro regno incontrastato in cui prendono vita le più fantasiose storie e avventure. Giocano con qualsiasi cosa: semi, conchiglie, piccoli frutti simili a ghiande, qualsiasi cosa la natura e l'ambiente circostante offra loro.
Quando non hanno nulla con cui giocare, giocano senza nulla o, per meglio dire, giocano con niente.
Cayo Limon è abitata da una famiglia Kuna composta dalla matriarca della famiglia, vestita sempre del vestito tradizionale Kuna e con anello d'oro al naso, da sua figlia, che come tutte le donne giovani Kuna ha un'età indefinita che potrebbe benissimo essere una qualsiasi tra i 25 e i 40 anni, e dalla nipotina di 8 anni, una bambina molto timida che vorrei tanto giocasse con Anna e Chiara ma che non sono finora riuscita a convincere a toccare nemmeno una paletta. L'unico componente maschio del nucleo è un ragazzo di circa 16 anni che si occupa di pescare e di contribuire a tenere pulita l'isola dalle sterpaglie che altrimenti finirebbero per soffocare le palme da cocco. L'intera famiglia vive in due larghe e linde capanne con le pareti di bambù, il tetto di foglie di palma e il pavimento in terra battuta, all'interno delle quali non vi è nulla, letteralmente nulla, se non qualche amaca appesa. I Kuna non possiedono niente, e tuttavia paiono convivere senza nessun problema con la civiltà occidentale che vive in barca e si comporta sulle loro isole non come ospiti ma come padroni, pescando il loro pesce, scendendo sulle loro spiagge e usando l'acqua dei loro pozzi, e talvolta attendendosi persino la loro gratitudine imperitura quando gli si fa dono munifico di un gallone di benzina, di qualche lattina di Coca Cola o di qualche scotta ormai esausta.
A proposito di doni munifici, ieri la mamma della bimba Kuna mi ha chiesto se per caso avessi dello smalto per unghie colorato da regalare a lei e a sua figlia. Mi sono guardata tristemente le unghie rosicchiate, e ho crollato la testa: non hanno avuto fortuna, tra tutte le altre veliste a disposizione cui chiedere dello smalto per unghie, dovevano proprio incontrare un'onicofaga!